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Perché?
«Racconta di un amore capriccioso, inizialmente respinto, dall’epilogo inaspettato. “E per farmi ingelosire, quella notte lungo il mare è venuta con te”. Il mare in questa storia è quello del Golfo di Napoli, la notte è quella della sua firma. Vedo molto romanticismo e tanta poesia in questo incontro. Avremo tutti il batticuore, anche io. Il batticuore del tifoso».
Beh, allora anche lei è tifoso…
«Della squadra della mia città, la radice non si può cancellare. Ma la Juve e Torino per me rappresentano molto, per loro provo enorme gratitudine».
A Napoli ha vinto scudetto e Coppa Uefa, con la Juve tutto. È stato più emozionante il primo tricolore azzurro o la Champions in bianconero?
«Ho avuto il privilegio di essere parte di un Napoli che ha fatto la storia. Per come Napoli vive la passione per il calcio e per la propria squadra, il primo scudetto resta indimenticabile. Le vittorie sono tutte belle, impossibile fare una classifica. La Champions è il trofeo di maggior rilievo, ma vincere nella mia città a 20 anni è stato lo stesso incredibile».
Ha allenato la Juve, mai sognato pure il Napoli?
«L’esperienza da tecnico è stata breve, mi ha fatto crescere e anche capire che non sarebbe stato il mio futuro. Per fare quel mestiere devi volerlo fortemente. Mi sono fatto un esame di coscienza: “è veramente quello che vuoi?”. Non era quella la mia strada, ho imboccato una via diversa».
Però in estate si parlava di un suo possibile ingresso nello staff di Conte.
«Fu travisato un mio post: era fine stagione e fine contratto con Dazn. Il mio “se son rose…” era riferito al rinnovo dell’esperienza televisiva, ma qualcuno ha pensato fosse legato all’arrivo di Antonio a Napoli, tirandola fuori senza motivo. Mi è dispiaciuto. Con Conte siamo legati da una amicizia profonda, sembrava volessi forzare la mano con lui e non è una cosa che posso accettare. Mi ha dato fastidio».
Veniamo al campo. A oggi, si vede più la mano di Motta nella Juve o quella di Conte nel Napoli?
«I club hanno dovuto ricostruire. Antonio ha ereditato una squadra e un club in grandissima difficoltà, con un Napoli fuori dalle Coppe dopo 14 anni. La Juve di Motta è in linea con quello che ci si aspettava, Conte invece doveva fare un cambiamento radicale e dare una svolta. E dopo quel debutto a Verona ora sembra un altro film. È già entrato nella testa dei giocatori, che hanno ritrovato fiducia».
La rivoluzione di Motta coinvolge i giovani.
«È ciò che deve fare un allenatore. Farlo alla Juve è complicato, le ambizioni sono alte e pure le aspettative. Ricordo una frase di Vialli: “vincere alla Samp è stata una gioia immensa, farlo alla Juve una liberazione”. Il mio capitano aveva ragione: alla Juve devi sempre lottare per alzare trofei. È la storia del club».
Juve e Napoli sono le anti-Inter?
«Sì, ma non escluderei il Milan, ora in difficoltà».
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