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Maurizio Ganz, ex attaccante e doppio ex di Inter-Atalanta, ha parlato ai microfoni della Gazzetta dello Sport in vista del match che si disputerà domenica sera al Meazza.
Da Brescia a Bergamo: era il ‘92. Sembrava un azzardo, e invece…
«Quell’anno ho davvero capito di essere diventato un vero professionista di livello, c’è stato il lancio definitivo. Ho sempre sentito i tifosi accanto a me, anche se arrivavo da un a città non molto amata e proprio l’ultimo giorno di mercato. Ma senza l’Atalanta, non ci sarebbe stata l’Inter…».
Pronti via, subito una stagione da ricordare.
«Vero, perché Lippi mi ha voluto dopo avermi allenato alla Samp e mi ha dato fiducia: ero stato capocannoniere in B con 19 gol, ne ho segnati 14, ho avuto 3 convocazioni in Nazionale, eravamo terzi alla fine dell’andata siamo arrivati a un punto dall’Uefa. Giocavo da centravanti con Rambaudi che girava attorno. Oppure mi alternavo con Saurini. Poi con Mondonico ho contributo a alla promozione in A, facendo capire che ero pronto per l’Inter».
Il gol più bello con l’Atalanta?
«Una rovesciata contro il Milan (10 marzo 2001, 1-1 in casa, ndr ). In porta c’era Seba Rossi».
E con l’Inter?
«In realtà è quello che non ho segnato: la traversa colpita nei tempi supplementari nella finale di ritorno di coppa Uefa ’97 persa ai rigori contro lo Schalke 04. Una grandissima delusione, perché ero il miglior marcatore della manifestazione con 8 gol in 10 partite. Mi aspettavo di essere protagonista anche in finale. E invece niente, non ho neppure tirato un rigore».
La sua Inter: Ronaldo.
«Non dimenticherò mai i 3 mesi nei quali ho giocato con lui, i più esaltanti della carriera. Il nostro Ronaldo, assieme a Messi e Cristiano, è stato tra i più grandi degli ultimi anni. C’erano volte in cui mi dicevo: “No, questa giocata non gli riesce”. E poi stupiva tutti, noi e gli avversari. Quante botte prendeva, ma quanto ci divertivamo. Io mi adattavo a lui, facevo anche l’esterno destro».
Il più forte con il quale ha giocato dopo Ronaldo?
«Ivan Zamorano sicuramente. Eravamo amici in campo e fuori».
La sua Inter: gli insulti quando è passato al Milan.
«Peccato, è stata una bella favola senza lieto fine. I tifosi mi hanno accusato di essere un traditore, ma è stata la società a mandarmi via, io sarei rimasto».
Che partita sarà domenica?
«Spettacolare e combattuta».
L’Atalanta è meglio in coppa che in campionato.
«Sta pagando il doppio impegno come è successo l’anno scorso al Sassuolo. Il fatto è che la rosa non è molto ampia».
Le piace il gioco di Gasperini?
«Molto: il recupero palla così alto, il pressing, le marcature a uomo. Qualcosa di innovativo».
Petagna segna poco ma a Gasp va bene così.
«Fa sicuramente un lavoro prezioso per la squadra, è cresciuto molto da quando giocava nel Milan con mio figlio Simone (oggi è al Pescara, dove sta faticando a trovare spazio, ndr ), ma dovrebbe cominciare a fare qualche gol in più».
Il Papu Gomez?
«Straordinario, lui sa fare gol, nell’uno contro uno è devastante».
Vede in giro un altro Ganz?
«Sinceramente no: ora il centravanti deve curare la doppia fase, è forte dal punto di vista fisico. Il calcio di oggi è molto fisico e poco tecnico. Io ero piccolo, ma furbo e cattivo. E non dovevo preoccuparmi anche di rientrare e poi difendere».
Anche Icardi è uno che segna sempre lu?
«Certo, può decidere la partita in ogni momento».
Spalletti all’inizio del 2000: “Ecco il giocatore che ci serviva. Ha esperienza, fiuto del gol e voglia di emergere dopo un avvio di stagione difficile”. Di chi stava parlando?
«Di Ganz naturalmente, quando è arrivato al Venezia».
Il primo Spalletti.
«Era un giovane allenatore ma già con le idee molto chiare».
Lo Spalletti di oggi?
«Ha cambiato la squadra, non ha paura di affrontare lo spogliatoio. L’esperienza all’estero l’ha aiutato nella gestione del gruppo. Ma non credo sia molto contento del gioco dell’Inter».
Cosa manca?
«Un po’ di qualità come terzini».
In Svizzera ha risentito il coro che aveva inventato per lei la San Siro interista?
«Sì, ogni tanto qualcuno se ne ricorda. E mi fa molto piacere».
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