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Garanzini (La Stampa): “Il 7-0 è lo stesso ma questa Inter è diversa…”

Francesco Parrone

È presto ovviamente per dirlo. Ma la sensazione che qualche insidia a Juventus e Roma potrebbe arrivare più da Milano che da Napoli e Firenze, contrariamente a quanto si immaginava, comincia a farsi strada. Prendiamo l’Inter che di questa...

È presto ovviamente per dirlo. Ma la sensazione che qualche insidia a Juventus e Roma potrebbe arrivare più da Milano che da Napoli e Firenze, contrariamente a quanto si immaginava, comincia a farsi strada. Prendiamo l’Inter che di questa seconda giornata merita indubbiamente la copertina. La goleada al Sassuolo è l’esatta replica di un anno fa. Ma nel frattempo, a parte Berardi, l’avversario è maturato, si è ambientato, si è persino presentato a San Siro con qualche velleità. Questi 7 gol pesano dunque assai più di allora, perché figli anche di una forza propria, non solo dell’altrui debolezza. Una forza anomala, atipica, come atipiche sono le due mezzeali, Kovacic e Hernanes, chiamate a costruire gioco e capaci di farlo quasi soltanto portando palla, quindi rallentando spesso il fluire della manovra. Ma a proteggerle, adesso, a rimediare ai loro eccessi di personalismo c’è un mastino come Medel, che sta a sua volta crescendo – per esempio rispetto all’esordio di Torino – nell’interpretazione del ruolo di metodista. Non è ancora l’Inter che Mazzarri avrebbe voluto. Ma ci somiglia più di prima, e il ritorno di Moratti allo stadio dopo mesi di esilio volontario lo conferma anche dal punto di vista ambientale.

E poi piano a mettere Hernanes e Kovacic sullo stesso livello. Il brasiliano è un solista prestato al centrocampo che il meglio di sé lo ha probabilmente già dato. Il croato è sì, a sua volta, un tantino veneziano. Ma non ha che vent’anni, a portare la croce oltre che a cantare sta imparando, e le sue qualità palla al piede sono di prim’ordine. Non è bellissimoa vedersi, con quella corsa ingobbita e a volte farraginosa. Ma al pubblico piace, innanzitutto perché trascina: e poi perché la maglia la suda fino in fondo, e la sua intensità nei recuperi di palla ricorda quella di Zanetti. Vent’anni lui e ventuno Icardi. Che anche a suon di gol, non solo di movimenti da attaccante di razza, ricorda sempre più il primo Vieri, che è stato poi il migliore della carriera. Potente, rapido, essenziale. Con la porta sempre ben piantata in mente, come unico, vero obiettivo. E con questa, non piccola, differenza. Che se Vieri col destro nemmeno scendeva dal letto, lui invece ci calcia, e prende pure gli angoli. Grazie alla coppia Kovacic-Icardi, la tifoseria nerazzurra ha ufficialmente ricominciato a sognare. Anche se il campionato, nella sua modestia, offre qualcosa più di Torino e Sassuolo.