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Intervenuto sulle colonne de La Gazzetta dello Sport, Luigi Garlando ha commentato così il KO dell'Inter contro la Lazio:
"Come lo scorso anno: prima caduta in campionato a Roma contro la Lazio, stesso risultato, 3-1. Ma allora avvenne dopo otto giornate, stavolta alla terza l’Inter è già in ginocchio. Ora i nerazzurri rischiano di essere staccati da Napoli e Roma (se passa a Torino) e sorpassati da un gruppetto di squadre, tra le quali la Juve (se batte Mou) e il Milan che medita di giocarsi il derby di sabato prossimo guardando i cugini dall’alto in basso. Intanto la Lazio, protagonista di un’ottima partita, se la gode in testa, da sola. Ha saputo soffrire con ordine e rabbia quando l’Inter imperversava, tappando ogni buco, ingabbiando i muscoli di Lukaku e, appena ha potuto, si è allungata per colpire o ha palleggiato per abbassare il ritmo. Ormai il gioco di Sarri è entrato in circolo e si è mescolato felicemente con la tradizione verticale della squadra. Una combinazione che trasmette equilibrio alla Lazio e ne arricchisce le opzioni. Sarri primo protagonista dell’impresa e non solo perché ha scolpito l’anima della squadra, anche per i cambi illuminati. Allo scadere dell’ora di gioco, quando l’Inter, raggiunto il pareggio con Lautaro, sembrava sul punto di dilagare, ha piazzato la doppia sostituzione che ha spaccato il match: dentro Luis Alberto e Pedro, autori dei due gol del trionfo. Ai due spagnoli aggiungiamo un sontuoso Milinkovic, artefice del delizioso assist a Felipe Anderson e otteniamo la carta con cui la Lazio ha sbancato: qualità. A questa carta l’Inter non ha saputo rispondere. Ma bisogna andare oltre il risultato (solito tiranno) e dire una cosa apparentemente incompatibile con il 3-1: nella prima mezz’ora e a inizio ripresa si è vista la migliore Inter stagionale".
"Di più: si è vista la squadra più bella, più dominante ammirata in queste prime giornate. Per la prima volta ha giustificato l’etichetta di favorita che i più le riconoscono. Pressing continuo e ben sincronizzato, palla recuperata altissima, linea difensiva a metà campo, intensità d’azione, manovra avvolgente con Dumfries e Dimarco padroni delle fasce. La Lazio, per lunghi tratti della partita, è stata costretta a ripararsi sotto l’ombrello e sotto la linea della palla. Perché allora l’Inter non ha vinto? Primo: perché l’assist di Milinkovic non era in grado di farlo nessuno. Cross sì, assist no. È mancata la qualità della rifinitura nei momenti di dominio: l’ultima goccia. Con tutto il rispetto per il buon Gagliardini, quel triangolo di Sarri è un’altra cosa. Quando manca Calhanoglu, visto che tutti per riflesso condizionato marcano Brozovic, si sente. L’idea Dybala aveva senso proprio per alzare la qualità dell’ultimo passaggio. E l’avrebbe avuto ancora di più (l’avrebbe) mettersi in rosa lo scontento Luis Alberto che Inzaghi conosce bene. Secondo: Lukaku ha aspettato palloni che cadevano dal cielo, da fermo. Raramente è andato incontro alla sfera o ha dettato spazi, come in genere fa e come deve fare per diventare veramente pericoloso. Altrimenti si consegna alle manette dei difensori. Una sola volta ha scatenato la corsa nella profondità. È in ritardo, pesante, imballato, va ritrovato. Terzo: la difesa, che ha beccato 15 gol in 8 uscite stagionali. Un solo clean sheet (Spezia). Incomprensione Dimarco-Bastoni sul primo gol, incerto Darmian (e altri) sugli ultimi due. Darmian introduce il quarto punto: i cambi. Ci sta sostituire gli esterni dopo la grande pressione e il gran caldo in campo, ma di sicuro l’ingresso di Darmian e del pasticcione Gosens non ha dato una spinta alla squadra. Per quanto stanco, dell’impetuoso Dumfries di ieri si è sentito subito la nostalgia. La storia l’hanno fatta i cambi di Sarri. A Inzaghi il primo compito difficile della stagione: traghettare al derby un’Inter con meno lividi possibili".
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