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Garlando (GdS): “Inter, con la Juve non è solo resistenza passiva. Spalletti…”

Il commento del giornalista Garlando sul match dell'Allianz Stadium

Francesco Parrone

Dalle pagine de La Gazzetta dello Sport, il giornalista Luigi Garlando, ha fatto il punto sul derby d'Italia, in particolare sulla prestazione delle due squadre: "L’Inter finisce in piedi all’Allianz Stadium e conserva la corona. Nel senso che rimane l’unica squadra imbattuta del campionato, si tiene dietro la Juve a -2 e si è addormentata in testa alla classifica. Oggi il Napoli, battendo la Fiorentina, ha l’occasione di ripassare al comando, ma non sarà questo eventuale sorpasso a togliere il sorriso a Spalletti. Perché è vero che l’Inter ieri non ha mai tirato in porta e che, per una buona parte della ripresa, ha sofferto all’angolo con la faccia dietro ai guantoni, con la tenacia di Vito Antuofermo nel primo match contro Hagler, ma è anche vero che lo 0-0 di Torino non può essere ridotto a una resistenza passiva e fa bene il tecnico nerazzurro a considerarlo una vittoria. Per una serie di ragioni.

Prima: Roma, Napoli, Juve. L’Inter ha scollinato i tre peggiori gran premi della montagna senza forare. Al ritorno le tre grandi saranno di passaggio a San Siro, magari intossicate dalle coppe, come all’Inter non accadrà. Seconda: Spalletti ha ricostruito una squadra depressa educandola prima di tutto a sopravvivere. Fino allo scorso anno, l’Inter si squagliava alla prima sofferenza. Ieri ha dimostrato di poter sopravvivere perfino a una Juve che da 44 partite consecutive segnava almeno un gol. Record storico. Quasi una certificazione antisismica: l’Inter resiste alle scosse più terribili. Impensabile fino a pochi mesi fa. Terza ragione: dopo averle insegnato a sopravvivere nei primi mesi, ora Spalletti sta insegnando all’Inter a vivere. Ad agire, non soltanto a reagire. Nell’allegro 5-0 al Chievo ha dimostrato di essere a buon punto. Ma il primo tempo di ieri non è stato meno indicativo. Raramente la Juve ha concesso palla e campo nel suo salotto come ha fatto ieri a Borja e compagni. Raramente l’Inter ha palleggiato con tanta serenità e sicurezza sul campo dei campioni d’Italia. Se ha ottenuto poco dal possesso e non ha mai raggiunto Icardi è perché Candreva e Perisic hanno sincronizzato la notte peggiore della loro stagione. Nell'appuntamento più importante il punto di forza della squadra (gli esterni offensivi) è diventato il punto critico. Eppure, nonostante questo, senza avere la possibilità di pescare in panca Dybala o Douglas Costa, l’Inter ha chiuso in piedi. La tiratina d’orecchie di Spalletti a fine match («Ci siamo accontentati») è una lezione in più ai suoi: vivere non sopravvivere, appunto. L’Inter è ancora in formazione. Lo 0-0 dello Stadium le irrobustirà le ossa.

Allegri ha cambiato abitudini ai fornelli. Prima usava abbrustolire gli avversari con una fiammata, ora si diverte a rosolarli. Concede il possesso agli avversari, controlla senza soffrire, poi aumenta la pressione contando su una fisicità e su una ricchezza di panca che nessuno può permettersi. Gli era andata bene con il Napoli, sembrava che la rosolata stesse pagando anche ieri. Invece no. Ma c’è da chiedersi: una squadra che vanta una simile ricchezza tecnica, deve aspettare tanto per strozzare la partita? Perché non spendere prima la qualità di Dybala e Douglas Costa? La Juve, che da anni insegue la sua piena felicità in Europa dove pagano coraggio offensivo e qualità di gioco, fa bene a retrocedere a un calcio di muscoli e attese? L’ottimo Allegri - l’abbiamo già detto - aziona la panchina come il domatore gli sgabelli per ottenere ciò che vuole dai suoi leoni. Ma il numero ha i suoi rischi. Oggi Dybala è un leone triste, l’ha dimostrato anche ieri entrando in modo dimesso. Per la Juve recuperare la sua Joya al più presto è di vitale importanza. Conta molto di più dei due punti persi. Pjanic è uscito con la faccia scura di un temporale. Allegri cambia spesso assetto e protagonisti per guadagnare imprevedibilità e dettare quegli stimoli feroci che, dopo 6 stagioni di successi, non sono più automatici. Da questi complicati equilibrismi dipenderà la felicità dei campioni".

(Fonte: La Gazzetta dello Sport 10/12/17)

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