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Garlando sui giovani: “In A non giocano perché non sono bravi abbastanza. Non è colpa dei club”

Matteo Pifferi

Intervenuto sulle colonne de La Gazzetta dello Sport, Luigi Garlando ha affrontato del tema Nazionale, con ampio cenno sui giovani

Intervenuto sulle colonne de La Gazzetta dello Sport, Luigi Garlando ha affrontato del tema Nazionale, con ampio cenno sui giovani:

"Per ripartire occorrono nuovi eroi, nuove idee, nuovo spirito, ben sapendo che, se i miracoli fossero facilmente ripetibili, non sarebbero miracoli. Ha ragione il Mancio: «Ricostruire sarà più difficile della prima volta». Ma la prima condizione è che il c.t. torni quello del primo miracolo: visionario, geniale, trascinante. Dopo l’Europeo, Mancini non ha riconosciuto i segnali d’involuzione già evidenti con la Bulgaria. Ha peccato di troppa gratitudine ritardando un ricambio che andava anticipato. Ha dato per scontato l’approdo in Qatar minimizzando gli inciampi, quando invece serviva il muso duro per scuotere il gruppo. Gli è mancato il colpo di tacco per andare oltre la routine del doppio-play. Ora che è sfiorito Jorginho e che ha costruttori diversi (Tonali, Cristante, Locatelli…) dovrà imporselo. L’alibi dei giovani che giocano poco non regge.

I migliori hanno trovato spazio come sempre: Tonali, Bastoni ecc. Se i Ribery giocano ancora a 39 anni, la colpa è dei giovani che non li mettono a sedere. Non è vero che i giovani non diventano bravi perché giocano poco, non giocano perché non sono bravi abbastanza. Nel 1996 l’Under 21 di Buffon, Cannavaro e Totti vinse l’Europeo. Nel 2000 la vinse quella di Pirlo, mvp del torneo. Nel 2004 quella di De Rossi e Gilardino, capocannoniere. Il Mondiale 2006 fu una conseguenza. Se da 18 anni non vinciamo più, non è colpa dei club. Questi siamo. Nel secolo in corso i club spagnoli hanno vinto 33 trofei internazionali, quelli inglesi 13, quelli italiani 6. Quanti top-club stanno sgomitando per tesserare italiani? Ci siamo impoveriti di qualità e talento. La Nazionale può fare eccezione solo con dei miracoli. Siamo stati i primi a chiedere la conferma di Mancini dopo l’Apocalisse, perché l’Europeo resta la garanzia migliore del suo lavoro e nessuno conosce il gruppo meglio di lui, ma sappiamo che traumi come quello macedone lasciano crepe, anche sotterranee.

Da domani al 23 settembre affronteremo due volte la Germania e due volte l’Inghilterra in Nations League. L’Italia dovrà riattaccare la spina, mostrare nuova identità e nuovo spirito, cambiare passo, evitando magari di promettere il Mondiale 2026, lavorando seriamente, con passione. Ridicolo porre ora un ultimatum a un c.t. campione d’Europa, ma se le quattro partite dovessero dare continuità alla figuraccia di Wembley e all’involuzione dell’ultimo anno, si imporrebbe una riflessione, prima delle qualificazioni europee. E probabilmente Mancini, per onestà, sarebbe il primo a pretenderla".