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Nel corso dell'edizione odierna de La Gazzetta dello Sport, il noto giornalista Luigi Garlando ha analizzato così il match da dentro-fuori di questa sera tra Inter ed Empoli: "L'Inter è club storicamente allenato al giorno del giudizio. Porta sulla memoria cicatrici di psicodrammi (Mantova '67 , 5 maggio 2002), ma anche felicità estreme: Parma 2008, Siena 2010, Lazio-Inter di un anno fa. Il bivio inquietante lo ha dettato la curva: «Festa o guerra». I soliti 70 mila innamorati spingeranno verso la «festa». Tutti sulle spalle di Icardi che è il miglior bigino di una stagione giocata male e gestita peggio. Spalletti sta seduto con la sua pelle vuota in mano, come San Bartolomeo nell'affresco della Sistina: il suo ruolo sarà riempito presto da Conte. Lo sa e cerca di portare a termine la missione Champions per un addio dignitoso. Dovrà attaccare gli «amici» di Empoli, trasformati in nemici dalla disperazione. I toscani si salvano se vincono o se pareggiano il risultato del Genoa a Firenze. Ma il paradosso che rischia l'Inter è doloroso: aver tagliato i legacci del financial fair-play, aver avvicinato un top come Conte e non poter scaricare in Champions la voglia di rinascita.
A spaventare Spalletti è l'Empoli che ha demolito il Torino giocando bene, ma ancora di più l'Inter che è stata demolita dal Napoli giocando male. Sa bene che dall'imprevedibile cilindro nerazzurro può uscire di tutto: conigli o leoni. Perisic e Icardi dovranno incollare in tutta fretta i cocci dello spogliatoio per salvare la stagione con un'ultima prestazione all'altezza della maglia. L'Empoli che sa palleggiare, pressare e ripartire è una gran brutta bestia se affrontata con troppo nervosismo e poca lucidità. Meglio non contare sul fatto che, a partita in corso, un risultato lontano (tipo il crollo del Genoa a Firenze) potrebbe raffreddare gli ardori dei toscani. Meglio che l'Inter ripeta come un mantra: «Siamo padroni del nostro destino. Vinciamo e siamo felici». Poterlo dire nel giorno del giudizio è un tesoro non da poco".
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