Gian Piero Gasperini è stato intervistato da La Gazzetta dello Sport. Nel corso della lunga intervista ha parlato chiaramente della stagione sorprendente dell'Atalanta, conclusasi con il raggiungimento dell'Europa League, ma anche dei tanti giovani lanciati e dell'Inter.
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Gasperini: “Il ko con l’Inter la nostra fortuna. A Milano niente scintilla perché…”
Il tecnico dell'Atalanta ha rilasciato una lunga intervista a La Gazzetta dello Sport. Ecco uno stralcio
Ecco uno stralcio dell'intervista:
«Giovani?Guardate che qui sui giovani c’era una forte resistenza, non era un contesto facile per lanciarli, tutt’altro. L’ambiente era conservatore sulle posizioni acquisite di giocatori di certa maturità e frenava. L’Atalanta ha sempre sfornato giovani di qualità, ma nella nostra situazione iniziale i ragazzi erano considerati come i giocatori numero 23, 24 e 25. Non vi dico le facce quando hanno visto Caldara e Gagliardini in formazione. Verso Spinazzola non c’era buona predisposizione. Io non ho guardato le carte d’identità, ho premiato chi andava più forte.
Batosta con l'Inter al Meazza? Quel k.o. è stata la nostra fortuna. Se avessimo perso in modo normale, non avremmo prodotto la grande reazione. Da lì in poi abbiamo staccato Milan, Fiorentina e la stessa Inter.
Europa? Non mi preoccupa l’aspetto tecnico, temo gli infortuni: al Sassuolo quest’anno ne sono capitati diversi. Non disponiamo delle rose di Juve e Napoli e dobbiamo adeguarci, avere più giocatori di livello che possano sostituirsi gli uni con gli altri. Per la società sarà uno sforzo, però la formula “più titolari” non significa un gruppo di 30 giocatori.L’Europa per me sarà prioritaria. Vogliamo fare bella figura. Andremo ovunque per giocare al meglio di noi stessi, per esportare il nostro calcio, anche se l’Europa ci toglierà qualcosa in campionato.
Difesa a tre? Il più delle volte io sto a tre in fase offensiva. Quando difendiamo, lo facciamo a nove, a dieci, a sei... Dipende da quanti uomini abbiamo “sottopalla”. Mi adeguo agli avversari, non sono di quelli che dicono: “Io guardo me stesso e basta”. C’è stato un periodo in cui questa forma un po’ presuntuosa ha preso piede, soprattutto a Milano. Forse è in uso ancora adesso, la mania di considerare poco l’avversario e molto se stessi. Non mi riferiscono solo all'Inter, penso ai discorsi sulla difesa a quattro che è sintomo di Europa e sulla difesa a tre che è vecchia. Concetti folli, per me, però tale cultura milanese è stata molto sviluppata negli anni. Credo che sia stata la difficoltà del calcio di Milano. Ci sono stati degli esempi calcistici molto belli a Carpi o a Crotone, piazze che non hanno le stesse risorse economiche. Oppure a Empoli. Questa cultura milanese ha fatto il suo tempo. La Juve ha saputo adeguarsi con Conte e Allegri. Lì (a Milano, ndr) mi sembra che ci sia stata staticità, una difesa delle proprie convinzioni che non ha aiutato.
Gomez il più forte allenato? Ho avuto Milito, Palacio, Perotti... Difficile stilare graduatorie. Gomez era relegato sulla fascia: qui è diventato un riferimento per la squadra, si è elevato a top player e lo dimostra il fatto che a 29 anni sia stato convocato nell’Argentina. Ha cambiato modo di allenarsi, a fine stagione ancora pressa, corre e si diverte.
Se ho sbagliato ad andare all'Inter?No, l’Inter era una bella idea e anche lì ho trovato tanta gente alla quale sono rimasto legato. È stata un’occasione mancata. Bell’ambiente, ma non è scoccata la scintilla. Diversità di concezioni in tema di allenamenti, gestione e tattica».
(Fonte: La Gazzetta dello Sport)
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