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I calciatori di oggi valgono, per qualità tecniche e atletiche, la metà di quelli di ieri. Non si possono spiegare altrimenti gli errori madornali che condiscono le partite di Serie A o di Coppa Italia: gente che fallisce elementari stop; centrocampisti che, anziché impostare, toccano il pallone all’indietro e rallentano la manovra; attaccanti che sbagliano gol che neanche i bambini fallirebbero. Milan e Inter s’incaricano di confermare questa teoria della pochezza. D’altronde se mancano quelli che dovrebbero inventare, che cosa ci si può aspettare? L’Inter spedisce Joao Mario a dare una mano a Icardi, nell’ormai classico 4-2-3-1: il portoghese non ha i tempi d’inserimento e non ha l’intelligenza tattica di capire quand’è il caso di «abbassarsi» per aiutare i centrocampisti oppure quando si deve «alzare» per muoversi da vera seconda punta. Eppure al numero 10 nerazzurro viene assegnato il ruolo ideale per scardinare la retroguardia del Milan: può costringere, con un semplice movimento in avanti, un difensore rossonero a uscire, e così Icardi sarebbe libero per l’uno-contro-uno. Invece, è notte fonda. Secondo quanto scrive La Gazzetta dello Sport non si dimentichi, a proposito del calcio di ieri e del calcio di oggi, che Joao Mario è stato valutato e pagato 40 milioni di euro: ma Roberto Baggio, Zola o Mancini quanto costerebbero? Trecento o quattrocento milioni, facendo proporzioni al ribasso...
Altro aspetto da non trascurare: da sempre le partite si vincono a centrocampo, dove è necessario creare superiorità numerica e far girare il pallone con rapidità. L’Inter, al contrario, «spoglia» la mediana lasciando soltanto Gagliardini e Vecino a presidiare la zona, e patisce l’assenza di geometrie. Il Milan non approfitta degli squilibri del nemico: Biglia passeggia, Locatelli e Kessie portano troppo il pallone, e alla fine gli unici sbocchi sono quelli sulle fasce dove Suso e Bonaventura, che secondo Berlusconi sono due fuoriclasse, cercano di superare l’avversario diretto e di arrivare al cross. Se Bonaventura e Suso sono davvero fenomeni, come definire Kakà, Shevchenko o Gullit?
Il centrocampo dell’Inter brilla per palloni persi. La classifica è imbarazzante: Joao Mario 8; Vecino 16; Borja Valero 8; Gagliardini addirittura 21, Brozovic 12. Se questi sono coloro che devono inventare, ricamare, costruire... In 120 minuti di sfida Icardi tocca la miseria di 19 palloni. Un po’ sarà colpa sua, perché non detta il passaggio, ma un po’ sarà anche colpa di chi non lo cerca o di chi non riesce a raggiungerlo con un passaggio che possa definirsi tale. Nel Milan c’è Biglia che non ha ancora il piglio del comandante: soltanto 87 palloni toccati (lui che gioca da classico regista!), 11 persi, soltanto 3 duelli vinti su 11. Altro dato che deve far riflettere sulla poca qualità: il numero dei dribbling riusciti. Sono in totale 14 su 30 tentati, cioè meno della metà. Ricordate quando il pubblico faceva «ohhh» ogni volta che un giocatore saltava l’avversario e si creava un’occasione da gol? Già: altri tempi, altro calcio.
(Fonte: Andrea Schianchi, La Gazzetta dello Sport 28/12/17)
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