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"L’ha risolta Barella con un gol pazzesco, Barella che viene dal Cagliari e che finora non ha mai vinto niente in carriera, per citare lo sfogo di Antonio Conte a Dortmund. L’Inter ha abbattuto il muro del Verona, in rimonta da 0-1 a 2-1: chi vince ha sempre ragione, per cui diciamo che Conte da bravo psicologo ha saputo pungolare nell’orgoglio i suoi giocatori. Se l’Inter fosse stata stoppata da un Verona vintage, aggrappato a un catenaccione anni Sessanta, parleremmo di Conte maldestro, demotivatore di giovani, anche perché Barella, gol a parte, non è che abbia giocato una grande partita". Apre così l'articolo de La Gazzetta dello Sport in merito all'analisi di Inter-Verona, match vinto dai nerazzurri in rimonta contro i gialloblù.
Una vittoria importantissima per i nerazzurri che chiudono il tour de force con altri tre punti che permettono alla squadra di tornare prima in classifica in attesa di Juve-Milan. "Una vittoria impastata nella sofferenza e nella furia, i valori fondanti del “contismo”. Una certezza rimane tale: partite così, negli anni scorsi, contro provinciali arroccate, l’Inter ne ha giocate e perse o pareggiate tante. Oggi incontri del genere l’Inter li vince, differenza enorme, portata in dote da Conte, allenatore che sta addosso alla squadra, la ossessiona in senso buono con il terrore della sconfitta intesa come morte temporanea, la spinge all’estremo delle forze e delle motivazioni. In Serie A la mentalità “contiana” sposta equilibri: 31 punti in 12 giornate rappresentano un piccolo significativo record, nell’era dei tre punti a vittoria l’Inter non era mai arrivata a tanto. Scudetto non è una parola impronunciabile, tanto per “alzare l’asticella”, altra citazione dall’anatema di Dortmund", commenta la Rosea.
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