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Secondo quanto rivela La Gazzetta dello Sport, il piano del presidente federale Carlo Tavecchio sarebbe portare la Serie A da 20 a 18 squadre, la B da 22 a 20 e ridurre la C a due gironi da 18 (anziché tre gironi da 20). Una bella sforbiciata alle squadre professionistiche, da 102 a 74, con una conseguente ridefinizione dei Dilettanti. Il tavolo verrebbe coordinato da Cosimo
Sibilia, il vicepresidente vicario della Figc(nonché capo della Serie D) con delega alle riforme. Non a caso Tavecchio parla di gennaio. Attualmente le due leghe principali sono commissariate, insomma mancano proprio gli interlocutori istituzionali.
Si aspetterà che Lega Serie A e B rinnovino i propri organi interni in modo da far partire il tavolo con tutte le componenti interessate. Nel frattempo, sembra registrarsi una timida apertura della Lega Proa un’ipotetica riduzione dell’organico, nell’ambito di un piano pluriennale: si segnalano contatti col presidente Gabriele Gravina, sebbene i 38 club immaginati da Tavecchio per la Serie C appaiano utopistici. Visto che già da tempo la Lega B ha deliberato l’impegno a scendere a 20 squadre, il numero uno di via Allegri punta a incassare la sponda delle due leghe inferiori per poi fare pressione su quella principale.
La strada è in salita. Al momento – come confida un dirigente di Serie A di lungo corso – non c’è alcuna condizione per approvare una riforma di riduzione dell’organico del massimo campionato. Se ne potrebbe parlare in futuro, ma sono tante le variabili che rendono complesso lo scenario. Basti solo pensare all’intenzione del ministro dello Sport Luca Lotti di riformare la Legge Melandri ritoccando i criteri di ripartizione dei proventi televisivi con un provvedimento ad hoc nella prossima Legge di stabilità. Il format sportivo dei campionati cammina a braccetto con le rivendicazioni economiche. Trovare la quadra all’interno della Serie A e, nell’ambito della mutualità, tra la A e le altre leghe è sempre stata un’impresa improba. E lo sarà anche stavolta. Di sicuro, così com’è strutturato il sistema del calcio professionistico non regge. È un problema di sostenibilità finanziaria e anche di competitività agonistica. La A a 20 ne è l’emblema. Il divario tra le grandi e il resto è enorme, e non si ridurrà semplicemente cancellando due squadre. Occorre rivedere il sistema di distribuzione economica, premiare di più il merito, evitare atteggiamenti speculativi da parte di certe matricole, in fondo cambiare la cultura sportiva dei nostri dirigenti.
(Fonte: Marco Iaria, La Gazzetta dello Sport 26/09/17)
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