Gli amici in nerazzurro? «Kondogbia, Brozovic, Perisic, Biabiany, mi volevano bene tutti. E Mancini mi dava fiducia. Con tanti giocatori forti, mi guardava negli occhi e sceglieva me». Il giorno del derby lo racconta come la scena di un film: «Mi ferma la mattina: “Stasera giochi. Non hai paura, vero?”. “Certo che no”. Invece ne ho tanta, ma nel calcio la paura non te la puoi permettere.
Chiamo la mamma: “Prega per me, ho una partita che vedrà in tutto il mondo”. E lei: “Non serve, prego per te ogni giorno”». Due gli amici che gli hanno fatto da luce nei momenti bui: «Kessie, siamo come fratelli. E Vecchi, allenatore della Primavera, mi ha trattato come un figlio. Non per soldi: in un mondo dove tanti spariscono, se ho bisogno di parlare c’è».
E ora Traoré vuole tornare in campo, nonostante abbia giocato l’ultima gara nel 2016. «Mi fido di me, mi alleno, il calcio è il mio lavoro, devo ricominciare, voglio dare a mia madre una casa, voglio che mi veda felice così è felice anche lei». E se incontrasse il piccolo Traoré? «Gli direi di non fidarsi delle persone sbagliate ma solo dei suoi piedi, sono buoni».
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