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"Nelle assemblee generali di Inghilterra, Francia, Germania e Spagna, i rappresentanti dei professionisti sono tra appena un terzo e la metà di quelli dei dilettanti. E nel Consiglio Federale le proporzioni non cambiano: il peso dei professionisti è a Londra del 20 per cento, a Parigi del 7,1, a Berlino del 26,7 e a Madrid del 16,7. A Roma i professionisti contano già il34%. Quota oggi ritenuta insufficiente a rappresentare il volume economico che le serie maggiori, e in particolare la «A», sviluppano a beneficio dell’intero movimento. Rafforzare la rappresentanza del calcio più ricco, per qualità e dotazione finanziaria, è insieme una rivendicazione della Lega di A e l’indicazione di una legge approvata in Parlamento. Si può e si deve fare, ben sapendo che qualunque espansione di sovranità per uno dei componenti della governance comporta una corrispondente riduzione per un altro.
Una piramide rovesciata, dove i pochi finissero per contare più dei molti, non sarebbe più il simbolo della sussidiarietà e dell’autogoverno degli sportivi, ma solo la giungla dei più forti. Per questo il calcio ha, pur nell’autonomia dell’ordinamento sportivo, il dovere di trovare un equilibrio tra le sue energie, facendo leva sullo spirito di solidarietà e sulla capacità di conseguire un compromesso virtuoso".
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