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Gregucci: “La Lazio può giocarsela. Questa non è l’Inter di Mancini, lui sta…”

Francesco Parrone

La Lazio dopo aver ritrovato vittorie e bel gioco va a far visita all’Inter, reduce dal successo contro il Chievo che ha concluso un periodo nero. A Lalaziosiamonoi.it è intervenuto Angelo Gregucci ex difensore biancoceleste e grande...

La Lazio dopo aver ritrovato vittorie e bel gioco va a far visita all'Inter, reduce dal successo contro il Chievo che ha concluso un periodo nero. A Lalaziosiamonoi.it è intervenuto Angelo Gregucci ex difensore biancoceleste e grande amico di Roberto Mancini, con il quale ha condiviso le esperienze con Fiorentina e Manchester City in qualità di collaboratore tecnico, e ha espresso la sua opinione sulla sua amata Lazio e su questa seconda versione dell' Inter manciniana.

Contro l'Atalanta la Lazio ha mostrato una prova di forza importante, ora resta solo da trovare continuità. "La fase è stata alterna, anche se redditizia. Le prestazioni sono state buone, anche se il percorso è stato altalenante. La Lazio è una delle squadre che ha pareggiato di meno e questo è indicativo".

L'infermeria è un continuo via vai e Pioli sta scoprendo nuovi protagonisti. Uno su tutti, Felipe Anderson...  "Io non penso che Felipe Anderson abbia ancora capito le sue reali potenzialità, di cosa necessita per passare da grande giocatore a campione. Questo ragazzo ha delle giocate davvero importanti, lascia intravedere delle accelerazioni e dei controlli di palla meravigliosi, ma non li ricerca con continuità. Se sfrutta a livello mentale questa grande qualità, che è un talento puro, si può disegnare un proscenio da grandissimo giocatore. Ha le stimmate del campione, il resto dipende da lui. Dalle sue giocate di qualità sono venuti fuori tutti i gol contro l'Atalanta, mi auguro che si ripeta con continuità".

Il prossimo turno riserva l'Inter del suo grande amico Roberto Mancini, che gara si aspetta? "Una buona prestazione, con grande personalità. Abbiamo le qualità per andarcela a giocare, l'Inter è in uno stato embrionale. Non è l'Inter di Mancini, lui l'ha presa e sta cercando di dare il suo dna. Dobbiamo giocarcela!".

Ha avuto qualche difficoltà all'inizio, forse il suo credo tattico è troppo distante da quello di Mazzarri e necessita di un periodo maggiore di rodaggio. "Secondo me sì, sono due dna di calcio distanti. Uno ha un profilo internazionale moderno, l'altro è più portato al risultato. Bisogna capire a cosa mira l'Inter. Se si punta ai primi tre posti in Italia, il progetto può essere performante. Mancio è tra i primi cinque top manager al mondo. E' andato a vincere in realtà dove non si vinceva mai o a da tanto tempo: il City, la Sampdoria, la Lazio. Ha il protocollo per confezionare un progetto vincente che dura nel tempo, ma che ha un range fuori dalla portata dei club italiani. Ha fatto la Champions per tanti anni, ora non so neanche se l'Inter parteciperà. L'allenatore incide ma i miracoli non li può fare, la Milano sportiva ha abbassato l'asticella della propria ambizione".

Quali possono essere gli stimoli nel tornare in una squadra con cui si è vinto cosi tanto? "Azzerare i dati oggettivi di una squadra che naviga a metà classifica e avere sempre l'ambizione di costruire un'Inter che vincerà. Roberto a partecipare, con tutto il rispetto per De Coubertin, fa fatica. Ha profili di vittoria, ma questo è un progetto un po' più a lunga scadenza. Questa è la sua scommessa: portare l'Inter tra un paio d'anni a livello competitivo sia in Italia che all'estero".