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L'acquisto ed il conseguente sbarco dei cinesi all'Inter, non poteva passare inosservato nella Chinatown di Milano. Nella zona attorno a via Paolo Sarpi, un microcosmo palpitante nel cuore di Milano, l’argomento del giorno è lo stesso del resto della città: la Cina è talmente vicina da essersi presa un pezzo dell’identità milanese. I giganti di Suning hanno comprato l’Inter e qui a Chinatown è un misto di orgoglio e soddisfazione, almeno negli italo-cinesi di seconda generazione. I primi a sbarcare nel capoluogo lombardo sono cinesi impegnati a lavorare la seta, stiamo parlando degli ann 20. Poi il nuovo afflusso nei ‘90, con conseguenze più evidenti sul quartiere: i cinesi residenti a Milano sono quasi 30 mila e, un po’ alla volta, hanno riempito di ideogrammi queste vie vicine al Cimitero monumentale. Negozi di abbigliamento, rosticcerie, rivenditori sparsi di elettronica: una piccola Pechino, anche se qua e là qualcuno parla con purissimo accento milanese. Poi giri l’angolo in via Bruno e la fila di italiani è più lunga di certi centri commerciali in tempi di saldi. Certo, gli ultimi giorni sono stati un po’ stressanti, ma in fondo ne sarà valsa la pena: «I miei amici italiani mi bombardano di domande e io rispondo sempre così: sì, con Suning torniamo grandi! Ma tifo la maglia a prescindere dalla proprietà, eh». Più o meno come la signora Tina Ghionna, titolare di una storica tintoria in via Morazzone. Una mosca bianca, ha l’ultimo negozietto 100% italiano in zona: «Da nerazzurra adesso dico: viva i cinesi!». Meglio fidarsi, vive benone con loro da 56 anni.
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