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Ibra: “Niente CL? Per dove sono nato vittorie incredibili. Mou? Il più intelligente per…”

Zlatan Ibrahimovic non è mai banale, nè quando gioca e nemmeno quando parla, non è mai scontato tanto che una sua intervista così estesa come quella concessa al The Guardian, non può che essere ricca di aneddoti, di storie e di frasi...

Dario Di Noi

Zlatan Ibrahimovic non è mai banale, nè quando gioca e nemmeno quando parla, non è mai scontato tanto che una sua intervista così estesa come quella concessa al The Guardian, non può che essere ricca di aneddoti, di storie e di frasi originali tipiche solo di un campione totalmente unico nella storia del calcio.

Al noto quotidiano britannico, Zlatan ha rilasciato una bella intervista, esclusiva, nella quale ha affrontato una marea di temi. Qui vi riportiamo alcuni passi, tutti firmati Ibra: "Allora, vi chiedete come ha fatto quel ragazzo punk di Rosengard (suo paese d'origine, ndr) ad arrivare fino a dove si trova adesso?Nessuno credeva che potessi farlo. Erano tutti chiacchieroni, stra-parlavano. Pensavano che le visioni di quel ragazzo fossero quelle di un pazzo. Pensavano non sarebbe successo. Ma io sognavo i posti in cui sarei finito. Ed ora eccomi qui. Se torniamo indietro di 15 anni, tutto quello che vidi allora si è avverato. E tutti quelli che mi hanno sparlato dietro e hanno gettato spazzatura su di me? Ora si stanno rimangiando le loro parole. Questo è il mio vero trofeo. Questa è la mia fame. Se mi rilassassi adesso, allora avrei fatto meglio a smettere prima. Ho bisogno di questa fame. Sento ancora il bisogno di fare le cose 10 volte meglio di altri giocatori. Giusto per essere accettato e per migliorare me stesso. Se siete diversi, o avete delle possibilità minime, potete ancora avere successo. Io ne sono la prova vivente. Io non avevo una vita fantastica, una vita “wow”. Non ero una persona “wow”. Le persone intorno a me non erano “wow”. Io non vivevo in una zona “wow”. Il mio messaggio è per chi si sente diverso, o magari sfortunato, perchè se credi in te stesso, tu potrai farlo. C'è sempre una possibilità. Tutto dipende da voi".

Nel corso dell'intervista, il fuoriclasse svedede è poi tornato sul suo passato italiano, tra Juventus, Inter e Milan, fino a ricordare la parentesi Barça: "L'Italia è il campionato più difficile, è la competizione più dura in assoluto se sei un attaccante. Loro pensano ancora che sia più importante non concedere gol piuttosto che segnarne uno. In Spagna vogliono segnare un gol e poi anche il secondo e il terzo. Il Barça e il fallimento con Guardiola? Giocavo probabilmente con la migliore squadra della storia. Il loro calcio era fantastico. Quando mi preparavo per una partita, sapevo che avrei vinto ancora prima di cominciare. Guardavo i giocatori intorno a me e vedevo Messi, Iniesta, Xavi, Puyol, Piqué, Dani Alves e Busquets. Incredibile! Era il calcio da un altro pianeta e mi piaceva molto. Era tecnicamente perfetto. Il problema è che tutti erano così disciplinati. Loro sono delle stelle, delle superstar, ma era come se fossimo non dico proprio a scuola, ma in un luogo di incredibile disciplina. I giocatori erano disposti a fare tutto ciò che l'allenatore gli diceva. Quando giochi in Italia è molto diverso. Se ci sono 22 grandi personalità, ognuno pensa di essere il migliore del mondo".

Infine, Ibra ha raccontato al "Guardian" il suo di ricordo di Josè Mourinho (avuto all'Inter prima di accettare la corte blaugrana), chiudendo poi sul suo personalissimo pensiero sul ritiro e su quel trofeo che ancora manca nella sua bacheca, la Champions League: "Mourinho? Lui è molto intelligente. Lui non tratta tutti allo stesso modo, lui sa come trattare le persone per ottenere il 100% da ognuno di loro. Se è l’allenatore più intelligente che abbia mai avuto? Sì, soprattutto per come si avvicina ai giocatori e per come li carica, senza dubbio.Vittorie? Ho vinto 23 titoli di squadra, quello che manca è la Champions League. Al PSG stiamo cercando di vincerla, ma anche se non ce la facessimo, ne ho già vinti 23 che, venendo da dove ho vissuto, sono incredibili. La mia è stata una straordinaria avventura. Se mi spaventa smettere? No, anzi, penso sia proprio il contrario. Non vedo l'ora di farlo. Quando giochi a calcio passi così tanto tempo via, in albergo, e ti perdi un sacco di cose. Mio figlio più grande ha otto anni. Il più piccolo sei. Voglio essere un padre di famiglia e voglio smettere quando sarò ancora al top".