"Se cerco di scuotere i compagni? Provo a parlare e a dare consigli, ma ci sono quelli che ascoltano e quelli a cui non interessa farlo". Questa frase, spesa con un filo di voce sabato notte nella pancia del Franchi, rende l’idea dei dolori del giovane Mauro. Goethe però qui non c’entra, il tormento è quello di Icardi, capitano di un’Inter da troppe stagioni uguale a se stessa. Cioé piena di ambizioni che sfumano col passare dei mesi. Di progetti che non trovano uno straccio di continuità. E quella della mancanza di leadership è una storia vecchia. Dopo il triplete, quando di gente di personalità ce n’era fin troppa, è mancato un vero trascinatore. In campo e fuori. La pesantissima eredità di Zanetti è toccata in primis a Ranocchia, divorato dal carattere troppo conciliante e dagli stenti della squadra ancor prima che dalla critica. Dalla scorsa stagione, anche perché il difensore era finito in panchina, la fascia - peraltro sempre personalizzata - è finita sul braccio di Mauro. Che a 23 anni non ha avuto problemi ad assumersi le responsabilità. L’argentino però è un introverso, difficilmente appende un compagno al muro se serve. Anche a Crotone ha provato a farsi sentire nello spogliatoio.
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(Gazzetta dello Sport)
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