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E con le associazioni di categoria degli agenti?
«Io difendo la categoria degli agenti, è fondamentale che facciano parte del sistema perché creano valore. Ma non bisogna degenerare, avere una sorta di acquiescenza nei confronti di chi non svolge questo lavoro in modo professionale. Inaccettabile che si dica che non sappiamo fare il nostro lavoro solo perché non alziamo lo stipendio a un calciatore. Sarebbe carino chiedere a Sepe e Kastanos se condividono quelle posizioni sul loro futuro. Certe frasi incidono su tutto: serenità dei calciatori, motivazioni, feeling con l’ambiente. Chi ci ripaga per questi danni?».
C’è un nuovo regolamento agenti che, ricorsi a parte, dovrebbe entrare in vigore a ottobre. Cosa ne pensa?
«Quello pone solo un limite alle commissioni, che è un aspetto importante ma non l’unico. Certo, un tetto va messo. Ma è sbagliato l’approccio sulle condotte: un agente non può decidere il futuro di un calciatore senza aver sentito la società e facendo dichiarazioni pubbliche. Il sistema deve capire se vuole continuare con queste consuetudini anacronistiche e inefficaci a creare valore; oppure se vuole rifondarsi dall’interno, creando i presupposti per un calcio professionale e sostenibile».
Quali sono le priorità in termini di riforme?
«I diritti tv, che il nostro calcio fa fatica a vendere al prezzo giusto. E i contratti dei calciatori, da aggiornare: oggi ci sono i bonus, ma servirebbero anche i malus, legati a risultati individuali e collettivi, per adeguare i compensi anche in momenti negativi. Gli stipendi potrebbero poi essere indicizzati all’andamento del mercato dei diritti tv. In questo scenario, il rapporto con agenti e intermediari è una priorità: sono professionalità che devono sempre più far parte del sistema, ma con regole certe e modalità sanzionatorie fortissime».
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