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il Giornale – L’Inter di Spalletti è imperfetta non è pazza. Uno dei segreti…

Rosa corta, non chiude le gare e gioca bene solo a tratti. Ma i nerazzurri viaggiano a ritmo record

Francesco Parrone

Vince, vola, a tratti diverte, è seconda in classifica e ha battuto il record storico da quando in palio ci sono i tre punti, 29 nelle prime undici giornate. Non c’è che dire, l’Inter ha iniziato alla grande questo campionato. E nel cammino nerazzurro da applausi si sente, forte, la mano di Luciano Spalletti, l’allenatore che ha saputo dare una traccia precisa alla sua squadra portandola, di nuovo, nelle zone alte della classifica. Tutto perfetto? Non proprio, perché uno dei segreti di questa Inter potrebbe anche diventare uno dei suoi limiti nel futuro.

Secondo il Giornale Spalletti ha plasmato una squadra lontana dalla definizione di «pazza» che spesso ha accompagnato i nerazzurri. Quella del toscano è una squadra concreta, pragmatica, magari non sempre bellissima ma maledettamente efficace. Più volte ha sofferto, è stata in altalena fino all’ultimo (vedi derby) o ha allentato la tensione troppo presto (vedi Sampdoria) e ha vinto di misura (Genoa, Benevento, Verona). Eppure alla fine ha sempre portato a casa il risultato grazie a protagonisti diversi e magari un po’ inaspettati, come Skiniar e Borja Valero. Tanto che ha raggiunto il record dell’epoca 3 punti e 9 vittorie con due pareggi li aveva messi in fila soltanto l’Inter dei record guidata da Trapattoni allo scudetto nella stagione 1988/89. Ma c’è di più. Vuoi per l’assenza delle coppe, vuoi per scelta precisa o per necessità legate ad una rosa non pletorica, l’Inter è la squadra che ha cambiato meno in questo avvio di stagione. Per ben 5 volte su 11 Spalletti ha schierato la stessa identica formazione iniziale, la medesima mandata in campo nelle ultime 4 di campionato. Ma se in gare difficili come il derby, la sfida al vertice con il Napoli e quella con la sorprendete Sampdoria la scelta poteva essere logica, anche contro il Verona il tecnico ha deciso di non cambiare.

Squadra che vince non si cambia, recita l’adagio. Vero, ma anche pericoloso. Perché se lo scarso turn over fa sì che gli automatismi di gioco siano rodati e i movimenti in campo studiati alla perfezione, è anche vero che la scarsità di alternative porta con sé alcuni problemi. Primo tra tutti la spaccatura dello spogliatoio tra titolari e riserve, con inevitabili malumori, ma anche un’assenza di alternative pronte alla competizione in caso di necessità impreviste, vedi infortuni o squalifiche. Chiaro, un altro Icardi è difficile se non impossibile da trovare. Ma giocatori come Dalbert, Cancelo ed Eder solo per citarne alcuni, e al netto dei problemi fisici di Brozovic e Joao Mario, scalpitano e forse meriterebbero un minutaggio più alto.

La scelta però sembra chiara e ineluttabile. Non è un caso che Spalletti continui a ripetere che non vuole cambiare almeno fino a gennaio, visto che anche le altre corrono fortissimo e la lotta per il vertice è complicata come mai negli ultimi anni. E poi c’è quella speranza non confessata: restare in alto fino al prossimo mercato e sperare poi in innesti di qualità per migliorare la rosa e tenere botta fino alla fine dell’anno. Perché Spalletti di scudetto non ne vuole parlare. Ma un’Inter pragmatica, efficace e per nulla pazza può davvero tornare ad essere vincente.

(Fonte: Matteo Basile, il Giornale 01/11/17)