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Non potrebbe esserci sottotitolo più azzeccato ad accompagnare un libro che racconta Moratti e l’ Inter. «Album di famiglia» è infatti l’esatta spiegazione di come ancora oggi una squadra di
calcio possa essere non solo una questione di soldi. Anche se Moratti e l’ Inter non sono più la stessa cosa. Anche se eppure lo saranno sempre. MorattiInter, Album di famiglia di Italo Cucci (edizioni Bertani&C, 130 pp., 40 euro) è insomma la storia di una squadra particolare, fuori dagli schemi, pazza e bellissima nel suo essere imprevedibile. Una squadra che non poteva avere come simbolo una famiglia così, elegante e generosa, insaziabile e impaziente nell’ottenere nel calcio i risultati arrivati nella vita. E, badate bene, non è certo una questione di denaro gettato a valanga per alimentare un capriccio. È la volontà di essere felici insieme. Insieme a una famiglia, quella nerazzurra, sterminata, abituata comunque a soffrire. Nella gioia e nel dolore sportivo. Massimo, insomma, nella prefazione racconta perfettamente l’orgoglio delle pagine in cui foto e racconti lo disegnano partendo dall’epopea del padre Angelo, perché Cucci - scrive - «di nostro padre riesce a disegnare la vita sottolineandone la genialità, il coraggio e le grandi capacità che hanno permesso a tutti noi di esprimerci con tanta riconoscenza seguendo non solo il lavoro, ma anche le nostre passioni».
Appunto le passioni. La Passione. Quella dell’ Inter è proprio tale e chi chiudendo gli occhi sugli anni di presidenza si immagina il Moratti arrabbiato che caccia un allenatore, il Moratti
appassionato che sente come suo uno scudetto assegnatogli contro il resto del mondo, il Moratti felice come un bambino dopo aver ricominciato a vincere là dove aveva finito troppi anni prima
il papà, riassume in questi scatti una storia d’amore di quelle che oggi sembrano così troppo antiche da diventare nostalgia. Perché Moratti non è solo Massimo, ma anche la Milly, la Bedi, Mao e tutto il resto della famiglia, un album di famiglia appunto. Moratti è anche Picchi, Corso, Recoba, Zanetti, Milito, Mourinho e tutti quelli che hanno contribuito ad allargare il cuore (e il portafogli, che ne è stato una conseguenza) di Angelo prima e di Massimo poi. E l’ Inter non è solo quella che scende in campo ogni settimana, ma è un senso di appartenenza, una piccola follia; sono i ragazzini del Campusche corrono con la maglia nerazzurra nei posti più disgraziati del mondo sognando una rivincita nel pallone. E con quei colori ci vanno anche a dormire, per sognare meglio sapendo che qualcuno sta dando loro un’occasione. Non è solo calcio, è amore. Perché l’ Inter, per dire, è stata Peppino Prisco.
E sarà sempre Giacinto Facchetti. Secondo il Giornale dunque il libro di Italo Cucci alla fine è un romanzo immortale nonostante tutto, nonostante gli errori che possono essere stati commessi, i 5 maggio sempre alla porta. Con l’animo perennemente tendente al tracollo. Moratti ha incarnato, incarna, incarnerà questo spirito nerazzurro: quello che ti fa esplodere nella felicità con in mano la grande coppa riportata a casa 45 anni dopo, e che ti fa anche scomparire il minuto dopo quando ci sarebbe da festeggiare per settimane. Perché il minuto dopo è Mourinho che scappa sull’automobile di un altro e tutto è già da rifare. Se gliene parli a Moratti di quei momenti lì, ti dice che in fondo non voleva disturbare l’estasi della famiglia. E d’altronde, se parli di lui a chi lo conosce, ti dirà che Massimo è «come un papà», o perfino che «se c’è un Dio in terra, Moratti è Dio» (Samuel Eto’o). Senza esagerare, anche in questa era cinese, Moratti resta comunque l’ Inter, ovvero un affare di famiglia. E se Massimo vi racconta che lui non c’entra più nulla, non credetegli. Non se n’è mai andato. Non può farlo.
(Fonte: Marco Lombardo, il Giornale 19/12/17)
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