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ilGiornale – Ci sarà  un giorno che Thohir dirà  a Moratti di avergli venduto una patacca…

San Siro è diventato un muro. L’Inter segna poco (5 gol in 7 partite in casa nel 2014) o nulla come ieri sera. Un altro risultato buttato, Inter impotente con un pizzico di sfortuna finale. La Fiorentina fa di tutto per farsi avvicinare in...

Francesco Parrone

San Siro è diventato un muro. L’Inter segna poco (5 gol in 7 partite in casa nel 2014) o nulla come ieri sera. Un altro risultato buttato, Inter impotente con un pizzico di sfortuna finale. La Fiorentina fa di tutto per farsi avvicinare in classificae la nerazzurra fa di tutto per starle lontana. Zero gol all’Udinese e fischi finali un po’per tutti. Se negli ultimi dieci anni l’Inter non è mai sta così avara di gol al Meazza c’è da cercare qualcosa nel gioco e negli uomini. Forse un po’ di spavalderia come quella mostrata nella ripresa servirebbe alla causa. E anche stavolta Mazzarri ha infilato Milito in partita un po’ tardi. Primo tempo calcisticamente e sangue. Ed, infatti, il pubblico di San Siro non ha perdonato accompagnando i giocatori con una sonora fischiata: poca gente in tribuna, magari infreddolita, certo scocciata per quel calcio da torneo aziendale. Immaginate la faccia di Thohir che deve sborsare 180 milioni per rimettere a posto i debiti e continua nella lena da pendolare di lusso tra Giakarta e Milano. Non c’è da invidiarlo.

Ci sarà un giorno che dirà a Moratti: mi hai dato una patacca…? Certo, si dirà, l’Inter può solo migliorare. Peccato che non perda occasione di faccia marcia indietro appena le regali un pizzico di fiducia. I primi trequarti d’ora di partita sono stati imbarazzanti: nessun tiro in porta ed uno solo verso la porta di Scuffet ad opera di Guarin (punizione alta) dopo ben 38 minuti. Tutti a battersi con buona volontà ma senza sostanza. Hernanes ancora gingillo, troppo sporadico. Palacio ondivago e troppo decentrato verso il suo centrocampo: la prima occasione gli è capitata dopo 20 minuti della ripresa. C’è chi si lamenta perché all’Inter manca un centravanti che garantisca un buon numero di gol, ma i centravanti vanno anche serviti. Icardi ha ricevuto la prima palla giocabile dopo 41 minuti e l’ha mandata nello scuro cielo. Incompenso non è che l’Udinese abbia proposto molto di meglio: Fernandes ha messo i brividi a San Siro, dopo 40 minuti, quando ha calciato palla che Handanovic ha maldestramente respinto e Badu sprecato. Pericolosa, questo sì, l’Udinese quando riusciva ad innescare i suoi turbo: Fernandes, Pereyra e Muriel hanno piazzato scatti sulla fascia sinistra dove Ranocchia sudava e se la cavava. Lo svizzero Widmer si è provato nella parte dell’assaltatore sulla fascia destra: sfrecciando di tanto in tanto. Dicono piaccia all’Inter, niente di più di D’Ambrosio o Jonathan che, ieri sera, doveva sentire aria di confronto e non ha mai smesso di ruotare frenetico le gambe e infilare palloni in cross anche decenti. 

Inter, comunque, troppo spesso sotto ritmo e poco convinta nel suo gioco d’attacco, tanto che Mazzarri, dopo pochi minuti della ripresa, ha cambiato lo spento Guarin (effetti della firma?) ed ha chiesto un po’ di vigore ad Alvarez, che però si è presentato con tiri d’alta scuola della cilecca. A quel punto Hernanes ha capito che serviva una mossa e ci ha provato: anche altiro (punizione da tirar il respiro e più tardi conclusione deviata da Scuffet). Sono state scintille che hanno scosso la squadra e il gioco. L’Udinese si è rattrappita indietro. I nerazzurri si sono spenti ogni volta al limite d’area e non trovavano certo un muro. Hanno mostrato qualche bontà e tanti limiti. Icardi ha sberciato una conclusione sull’invito di Nagatomo, gli altri hanno dimostrato che l’importante è partecipare. Un po’ poco, finché Cambiasso ha pescato il tiro letale proprio nel finale. Ma la maledizione ha dimostrato di essere in agguato: deviazione di Scuffet sulla testa di D’Ambrosio e salvataggio sulla linea di Domizzi. Infine, poco dopo, un pallone di Palacio finito sulla mano innocente di Heurtaux. Rigore per il tifo interista, non per l’arbitro che poi fa testo. Maledizione su maledizione.