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Il primo incontro di giornata per Erick Thohir è stato Marco Fassone a rapporto. Poco prima delle 12, il dg dell’Inter entrato pesante nella centrifuga della contestazione, ha raggiunto l’Hotel Armani dove il presidente ha preso alloggio per questa settimana di fuoco. Avrà portato le sue giustificazioni sul pasticcio Guarin-Vucinic. O magari la nuova strategia per arrivare al montenegrino perché perseverare nell’errore è virtù dei miracolati. Poi Thohir è piombato a San Siro per la tanto attesa seconda di ritorno, c’è arrivato quasi un’ora prima tanta era la voglia di capire. Poi però non vedeva l’ora che finisse.
Ha vissuto la partita al fianco di Massimo Moratti, il Catania non aveva raccolto neppure un punto finora in trasferta, Erick Thohir c’ha creduto fino in fondo ma questa volta non ha giunto le mani come nel finale del derby. Durante la partita si copriva gli occhi, gesti di stizza ad ogni possibile palla gol mancata, poi lentamente è entrato come in catalessi, pensieri che giravano più veloci del tempo, una partita infinita, insopportabile, imbarazzante. Lo scatto vincente è arrivato a tempo scaduto, giocatori, allenatore e presidente tutti rapidi dentro lo spogliatoio. In pochi minuti tutti spariti dalla circolazione, la delusione dipinta. Non erano ancora le 17 e il presidente era già lì nel chiuso del luogo più sacro, fuori facce tirate ovunque, il clima dentro lasciato all’immaginazione. C’era stato anche nel prepartita, aveva stretto mani, sorrisi, ma appena sbarcato a Malpensa aveva già anticipato il menù del giorno: «Sono qui per supportare la squadra. Avrò subito incontri importanti e saranno dedicati alla società. Occorre aumentare il business e capire cosa fare sul mercato. Il mio umore? Nella vita ci sono alti e bassi, bisogna accettarli».
Il pensiero è nobile, la reazione dei tifosi più materiale e ampiamente attesa: striscioni e drappi per tutti, società, dirigenti e giocatori. E non erano inneggianti. È stata questa l’accoglienza al pullman dell’Inter, il solito fuori le mele marce dalla società questa volta aveva un’appendice: e dalla squadra. Scritta con altro colore, come se fosse stata aggiunta senza unanimità di consensi. Thohir non l’ha visto, ma glielo avranno segnalato, ora sa con certezza che deve ribaltare i quadri,ma anche la rosa perché i nomi sono di quelli pesanti, da storia recente dell’Inter. Con Guarin che ne usciva quasi beatificato. Poi però, giusto per dare un’idea seppur vaga della confusione che regna in ogni angolo, fuori dallo stadio altri tifosi facevano la fila per farsi fotografare con gli eroi del quinto posto in solitaria. Mazzarri si sta come ritirando, quando gli hanno chiesto se a fine stagione darà le dimissioni ha risposto argomentando.
Non ha detto: ma cosa state dicendo? C’è un senso di precarietà che non aiuta e Thohir ha capito una sola cosa, che qualcuno all’interno della società che ha appena acquistato ne capisce meno di lui. Ci sono rimedi spicci tipo inserire nello statuto societario che certe trattative con certi club sono vietate. Si eviterebbe la perdita di un mucchio di tempo, viaggi, carta, fax, firme, arrabbiature, ritorni, polemiche, conferenze stampa, repliche, sms. Uno lo sa prima e se ha richieste scomode, risponde che nello statuto c’è scritto che non si può. Vale per tutti ma qui sembra fondamentale, perché questa squadra non riesce più a vincere ma la miccia l’ha accesa lo scambio Vucinic-Guarin, dove l’unico che ci aveva visto giusto, recitava un ironico striscione nella Nord, è stato Marotta. Ha chiesto di scusarlo, ma non se l’è sentita di rilasciare dichiarazioni. Adesso c’è questa settimana di incontri con i vari settori, Thohir ha diviso tutto in quattro aree, finanza, comunicazione, commerciale e direzione sportiva. Non ha molto tempo, lascia Milano prima di Juventus-Inter, mentre fuori San Siro alle 17,30 non c’è nessuno ad attendere la squadra, solo fans in cerca di una foto del pullman, simbolo di questo momento, perché dietro ai finestrini tutto è invisibile.
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