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ilGiornale – L’ultima di Moratti. Vigilia ad Appiano per godersi il lungo addio…

Un ultimo sguardo, quello ci voleva. Appiano Gentile ieri era ammantato da una cappa autunnale, quella nebbiolina che fa tanto castagne e focherello, silenzi e cielo grigio, foglie bagnate dall’umido, le urla lontane dei giocatori, nessun tifoso...

Francesco Parrone

Un ultimo sguardo, quello ci voleva. Appiano Gentile ieri era ammantato da una cappa autunnale, quella nebbiolina che fa tanto castagne e focherello, silenzi e cielo grigio, foglie bagnate dall’umido, le urla lontane dei giocatori, nessun tifoso ai cancelli. Non sono i tempi dell’esaltazione. Al massimo è il momento dell’attesa. Eppure ieri Appiano era un festival della solitudine. Forse la figura di Moratti che camminava solitario sui prati verdi, forse l’idea che il presidente se ne va, forse un’Inter davvero più sola. Moratti è arrivato in compagnia soltanto dell’autista, voleva godersi l’allenamento, abbigliamento sportivo degli ultimi tempi, poi le chiacchiere con Mazzarri, qualche parola con i giocatori. Tutto lasciava intravedere un uomo triste, solitario y final.

Massimo Moratti conosce Appiano fin da ragazzo, un centro fatto costruire da suo padre seguendo l’idea di Helenio Herrera. Oggi tanto è cambiato da quando l’ha ritrovato 18 anni fa, rinfrescato, rigenerato, sempre essenziale: la cappelletta nuova, campi diversificati, la sala stampa divisa dalla zona giocatori secondo il volere di Lippi, che pensava di vincere gli scudetti evitando i contatti con i giornalisti. Poi ha scoperto che serviva ben altro. Ieri parlava il loquace Walter Mazzarri che ha fatto fortuna a Napoli, allora parlava l’ombroso Ottavio Bianchi che aveva vinto uno scudetto a Napoli. Segni del destino? Forse. É cambiato Moratti che arrivò a riprendersi l’Inter a 50 anni, si è imbiancato il colore dei capelli, la faccia porta i segni del tempo, solo gli occhialini sul naso non sono variati. Intorno c’erano facce più giovani, una frenesia da grande impresa. Oggi è tutto più stemperato dal tempo, dai tempi, dalla storia e dal disincanto di una operazione che conduce al passo indietro.

Moratti in questi ultimi mesi è andato spesso ad Appiano, molto di più rispetto alle abitudini, quasi volesse assaporare il distacco. Sta per presentarsi Thohir sulla poltrona del nuovo padrone (sarà a Milano il 14 novembre), stasera sarà l’ultima partita da patron, c’è un’ultima voltain tutto. Poi ciascuno potrà sempre dire che Moratti resterà il padre nobile, magari il presidente onorario, con o senza etichetta scritta. Firmò i documenti che lo riportarono all’Inter il 18 febbraio 1995, era un sabato, la squadra ad Appiano a preparare la partita domenicale contro il Brescia, una squadra di provincia. Stasera l’Inter se la vedrà con il Livorno, un’altra provinciale, ancora un sabato a far tintinnare il passo del tempo. Ieri l’ultima volta in cui il patron poteva sentire Appiano ancora cosa sua e casa sua, un angolo dei ricordi. Ci sono tanti momenti che segnano un distacco, Moratti se li sta gustando. L’infernale macchina del cambio è già avviata, corre più veloce di qualunque minuto di visione romantica: Thohir che parla del futuro con circostanziata riservatezza, Roeslani che sembra straparli poi manda un comunicato di smentita («Solo rumour, non ho detto niente, tutto è in mano a Thohir e Moratti»), peccato l’abbia fatto con un giorno di ritardo.

Il presidente avrà notato queste sciocchinerie. Quasi un gioco delle parti. In altri tempi si sarebbe infuriato. Ora gli giocano a favore: così il rimpianto sarà più coerente, per qualcuno cocente. Si intravedono scritti giornalistici bagnati di lacrime: c’è chi ha sviolinato per una vita e chi ha davvero ammirato questo presidente. Moratti ha sempre pensato che contassero i grandi giocatori più delle sviolinate e prima ancora degli allenatori. Qualche dubbio, invece, osservando l’operato degli arbitri. Però ha permesso tutto e di più. E in questi giorni ha lasciato che corresse una polemica su Campagnaro in nazionale: polemica gratuita e mal condotta. In altri tempi avrebbe evitato. Oggi invece l’Inter è un amore, non più un onere. Moratti ha avuto l’intelligenza di staccarsene prima che arrivasse l’ultimo gong, come quei pugili che evitano il match di troppo.

Se stasera l’Inter dovesse vincere potrebbe anche essere l’occasione per chiudere da presidente. Lasciare così sarebbe l’ultimo guizzo di intelligenza. In fondo, anche il Moratti presidente ha sempre preferito spedirvi agli allenatori dopo un successo.