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«Se mi piace Mazzarri? Gli allenatori sono tutti bravi, poi devono lavorare all’Inter, che è una cosa diversa». Perfetto, il migliorMoratti avrebbe dato seguito ad una battuta fulminante, esemplare ed esemplificativa come questa: non lo avrebbe preso. Edinvece questo Moratti un po’ ingobbito dalla stanchezza-delusione psicofisica, non più esplosivo come ai tempi migliori, finiràper cedere ai voleri del figlio,e della confraternita dei consiglieri, e si porterà a casa Mazzarri. Per ora resta il dubbio, vista la risposta. Ma poi l’avrà vinta il figliolo, che gli ha fatto prendere un po’ di abbagli nel corso degli anni (Recoba è ancora il minore dei danni).
Del resto il tam tam parla di un contratto già delineato, non firmato: venerdì scorso a Forte dei Marmi. Ieri Moratti si è preso un po’ di tempo: per dire bye bye a Stramax, lasciarlo tornare da Coverciano dove stava seguendo il corso allenatori, stabilire la strategia di una uscita dignitosa da tutte le dichiarazioni di fiducia dispensate incautamente nel corso degli ultimi mesi. Confermare per poi disarcionare è sempre stato un classico morattiano, ma stavolta gli pesa ammettere, pubblicamente,la sconfitta, riconoscere di aver bucato la scelta. Ha difeso l’idea fino in fondo anche ieri. «Non sto ancora dicendo che hocambiato idea su Stramaccioni».
E, ancora, nella notte precedente: «Nessuno sa quello che ho in testa». Ma poi, nel difenderlo, ha lasciato intendere la realtà. Un apprezzamento che significa esonero: «Da una parte c’è il talento di un tecnico che sicuramente avrà successo nel suo mestiere». E una considerazione che significa non posso aspettarlo: «C’è una situazione per cui sto ragionando su quale sia la cosa migliore per l’Inter. I numeri sono un po’ contro, non si possono inventare, questo l’ho capito anche io». Moratti ha parlato di riflessione lunga. «Sono ore nelle quali, insieme a tutte le altre cose, sto cercando di trovare una soluzione. Vediamo se, dopo questa stagione qui, ho tempo di rimettere le cose a posto». In realtà gli restano due mesi perché l’Inter non potrà fallire la prossima stagione, e nemmeno l’accesso alla Champions League.
Tutto sarà concentrato sul campionato. Servirà una società meglio costruita, magari con soci stranieri che invoca, incontra ma non vanno al dunque, e una squadra tenuta da un domatore. Basta libera uscita sui comportamenti, basta clan argentini, giocatori strigliati e stremati dagli allenamenti. Se i vecchi leoni non reggono i ritmi, c’è posto in società, in tribuna, in panchina. Prendere Mazzarri significa concedergli una corte di almeno sette persone, un po’ troppe per gli esborsi nerazzurri. Qualcosaandrà rivisto. Il problema del medico (se Combi non sarà defilato fra i consulenti) si riproporrà. Le alternative all’ex tecnico del Napoli non sono molte.
Moratti potrebbe virare su Mancini, usato sicuro e ritorno che rassicura ma ci sarebbero da mettere a punto molte cose nel contratto ed in società. Eppure Mancio sarebbe l’occasione per tornare ad un piazza pulita che, l’altra volta, fruttò anni di gloria. Anche con Mancini ci sarebbe il problema dell’ingaggio, facilmente risolvibile con premi e magari partecipazioni azionarie. Moratti aveva pensato ad un tutor per salvare Stramax: idea intelligente. Bastava scegliere il tutor giusto, possibilmente un allenatore da trasformare in dt. Un po’come il mitico Viani-Rocco del Milan anni Sessanta.
Intanto pure Lippi ha sponsorizzato Mazzarri: «Credo sia l’uomo giusto per la rifondazione dell’Inter». Certo, detto da uno cheha combinato solo danni: ci sarebbe il tanto per convincere Moratti a cambiare indirizzo.
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