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Il 21 aprile 2013, con Castellazzi, Milito, Cambiasso, Stankovic, Palacio, Gargano, Guarin, Obi, Mudingay, M’Baye e Nagatomo infortunati, l’Inter batteva il Parma con un gol di Rocchi e si piazzava al quinto posto in classifica. In panchina c’era Andrea Stramaccioni, partita bruttina ma obiettivo centrato. Alla vigilia e anche subito dopo, Massimo Moratti: «Stramaccioni bravissimo, togliergli la panchina sarebbe un atto di ingiustizia». Lo Strama al settimo cielo si autoconferma, ma gira già la voce che non sarà così. L’Inter perde con il Palermo, poi a Napoli, in casa con la Lazio, chiude con un 2-5 a San Siro contro l’Udinese, e Strama svuota l’armadietto. Nelle sue ultime conferenze ad Appiano nei suoi occhi si leggeva la verità che in qualche modo lui non voleva accettare, un po’ si celebrava, un po’ aveva ragione, l’Inter per prima batteva la Juventus nel suo stadio ma poi ci finiva a 33 punti in classifica. Moratti cercava qualcun altro,lui forse non aveva le spalle abbastanza larghe per traghettare la fine di un ciclo.
Ma guai a dirglielo. Negli ultimi tempi si era un po’ chiuso, la squadra non c’era, l’Inter stava cambiando pelle. Ma Strama era bravo, quando glielo dicevi ti rispondeva: grazie. E un po’ arrossiva. Dall’Inter è andato via lasciando un record difficilmente uguagliabile: l’unico ad aver fatto l’imitazione di Cassano che gli fa i complimenti in barese dopo il derby. Audace. Poi è rimasto una stagione in cesta. Adesso è lì al terzo posto con Thereau costato 2 mln, all’Olimpico ha giocato con una squadra che ha meno di 4mln a stagione di ingaggio, tiene Scuffet in panchina, 300 mila euro, e a Totò Di Natale dice: «Hai un motore di 37 anni, ti vorrei sempre in squadra ma quando ci sono tre partite in pochi giorni non ce la fai». E magari si sono anche messi a ridere. Lo Strama è proprio bravo, un po’ troppo romanista e permalosino, ma è proprio bravo. Un giorno se la prese perché gli venne dato il benvenuto nella centrifuga Inter, non sapeva ancora dove era entrato, la sua incoscienza ponderata ma non troppo, gli ha sempre permesso exploit insperati che stordivano Moratti, fiero di aver avuto il coraggio di scegliere un ragazzo della Primavera.
Non fu un volta faccia, il presidente gli lasciò la panchina come promesso. Fino al termine della stagione. Poi lo Strama si è proprio liberato, magari a Zanetti e Samuel gli sarebbe stato difficile dire certe cose. Il 7 dicembre comunque torna a San Siro.
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