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Ha promesso il tifo di almeno tre miliardi di persone: Erick Thohir ragiona in grande, come fosse il Marco Polo interista a caccia del tifo asiatico. Lo ha detto ai soci nerazzurri, lo ha ascoltato Moratti che sarà stato suggestionato dall’idea fin da quando si sono conosciuti. Ha snocciolato numeri: «Oltre due miliardi di appassionati in Asia: un miliardo in Cina, un altro in India, 250 milioni in Indonesia». Ha aggiunto: «Eppoi ci sono almeno 250 milioni di persone interessate negli Stati Uniti». Il faccione 28 pollici di ET era uno sfavillio di sorrisi e di parole d’ordinanza, immaginava già un mondo di tifosiinteristi e, magari, magliette, gadget, palloni e chissà cosa d’altro in vendita: una slot machine che fa cascar soldini.
Tante promesse sul business, molto meno sul calcio mercato che poi è quello che interessa la gente interista. Purtroppo il tifo in Italia ha questa perversione. Ma Thohir imparerà presto, perché la faccia è sveglia e non gli manca la capacità di intendere e di cambiar faccia un problema. «Io e i miei amici abbiamo sempre fatto tutto con la passione. E siamo qui per portare le nostre conoscenze nel business al mondo del pallone. Per rendere sostenibile la gestione dell’Inter, per rafforzarla. Siamo qui per lavorare tanto e duramente. Negli anni Ottanta il calcio di serie A era molto famoso in Asia e Indonesia. Noi eravamo piccoli, ma ci piaceva l’Inter. Questo è un sogno che abbiamo realizzato».
Sarà stata la vicinanza del presidente federale Abete che, insieme alla nazionale, alloggiava nello stesso albergo della conferenza stampa, ma la chiacchiera di Thohir pareva quella di un Abete con la faccia simpatica e più sorridente: tanto fumo senza dir nulla di decisivo. Per ora. Anche se i soci hanno gradito l’atteggiamento arrembante del nuovo padrone: si sono sentiti spinti in una nuova avventura. Thohir ha ringraziato Dio «per aver realizzato il mio sogno», Moratti e tutta quanta la sua famiglia. «Anche mia moglie che si sveglia quando faccio rumore di notte per inviare sms qui in Italia». ET ha raccontato che, fra dieci anni, ci saranno solo dieci grandi squadre che conteranno nel mondo. «Saranno ricordate vincenti, trasmetteranno entusiasmo e saranno società sane. E fra questi club voglio portarci l’Inter». Ha spiegato di aver studiato bene il «cambio epocale» del pallone, dell’importanza del fair play finanziario. Ed ha concluso: «Nei prossimi tre anni avremo obbiettivi chiari per fare un’Inter bella, vincente, entusiasmante». Non ha neppure dimenticato di citare Facchetti come un oracolo: «Diceva: il segreto di ogni trionfo sta nella propria convinzione». Ed ha concluso: «Ci provo anch’io». Ha rinnovato la fiducia nel lavoro di Mazzarri, non ha fatto cenno ad altri componenti della società che non fosse Moratti.
«In questi 18 anni è stato fatto un lavoro incredibile». E al pronti via delle chiacchiere ha provato la canzoncina al valor nerazzurro nel suo faticoso italiano: «Chi non salta milanista è». Roba da boato in sala. Sembrava di ascoltare Paperino. Invece era Erick Thohir, nuovo padrone nerazzurro, perfetto nella comunicazione e in tutto quanto fa effetto. Ma, come dice Moratti, poi c’è l’Inter.
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