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IlMessaggero – Due luci rialzano l’Inter, il terzo posto è meno lontano. Ancora…

Francesco Parrone

E all’improvviso, nella semioscurità, due luci: Kovacic e Ranocchia, quelli (non solo loro, eh…) dietro la lavagna, quelli da cui l’Inter si aspettava (e si aspetta) di più. L’Inter resta quella che è, cioè una nobile...

E all'improvviso, nella semioscurità, due luci: Kovacic e Ranocchia, quelli (non solo loro, eh...) dietro la lavagna, quelli da cui l'Inter si aspettava (e si aspetta) di più. L'Inter resta quella che è, cioè una nobile che di questi tempi vive in tono minore, ma se non altro a Verona - dove le poche occasioni vengono capitalizzate mentre quelle del Chievo vanno in fumo per negligenza altrui - le si accende una lampadina. Il croato col numero 10 (zampata), il capitano di lunghe leve (idem) e Handanovic (vedi le parate su Paloschi e Meggiorini) fanno click e regalano a Roberto Mancini la prima vittoria della sua seconda gestione (dopo 4 gare di campionato e una di Europa League), all'Inter un gettone da 3 punti che rende meno lontano il terzo posto (-6 dalla Lazio, prossimaavversaria, e dal tandem Sampdoria-Genoa) e a patron Thohir un sorriso che mancava dal 29 ottobre (1-0 alla Sampdoria). E allora: tutto rosa e fiori? Ovvio che no. Però, vuoi mettere la boccata d'ossigeno...

IL LATO POSITIVO - Il bello, per Mancini, sta in certe arditezze (chiamiamole così, visto il tepore di rendimento precedente) di Guarin, uno che l'azione deve (eccome) imparare a sostenerla. Oppure nel fatto che il vantaggio nasca da un'iniziativa fra le linee di Kuzmanovic. O, ancora, che l'Inter l'approcci con quel po' di personalità (uno dei lati deboli, fin qui) che ti aspetti. Certo, lo champagne va tenuto ancora in freddo. Perché l'Inter del Bentegodi rimane una bozza. Mica è di marmo, quella difesa dalla linea spesso alta, anzi. Guardare le tre nitide chance per i veronesi. O certe percussioni concesse. E ancora, i tanti piccoli errori in appoggio. O l'assenza lampante di un geometra, lì nel vivo del gioco: ogni riferimento al pitbull Medel è puramente casuale...

FANTASIA? AL POTERE, PLEASE - Però uno cui l'estro non manca c'è, il numero di maglia è il 10 e Kovacic, in tal senso, sta a Mancini come il nipotino sta allo zio che gli spiega la vita. L'aveva detto, l'uomo di Jesi, che nei piedi del croato c'è un seme che brilla. E il seme va coltivato. La confermadi ieri, trequartista nel 4-3-1-2 come contro l'Udinese, era già alla vigilia un messaggio in codice. E una mossa, in parte, Kovacic se l'è data. L'Inter ha bisogno di lui, per accendersi e accendere Palacio e Icardi. Succede ancora di rado, ma il terzo gol in campionato del diretto interessato nasce anche da quel che gli chiede il tecnico: ispirare e, quand'è il caso, buttarsi negli spazi. Un po' come fa Ranocchia, sul raddoppio, da corner. Raddoppio (definitivo) che rientra nella cronaca della serata. Inclusi quei 5 minuti iniziali di cori dei tifosi interisti contro Balotelli. Il più tenero: "Balotelli non lo vogliamo!". E anche questi, come quelli di Mancini a Kovacic, sono messaggi abbastanza chiari.