- Squadra
- Calciomercato
- Coppa Italia
- Video
- Social
- Redazione
ultimora
Soffia la tramontana e tramortisce l’Inter, e spinge una Sampdoria sempre più splendente, alla quarta vittoria di fila (evento che non si verificava dal 2010) che vuol dire anche quarta posizione in classifica con speranze Champions più vive che mai. Uno a zero, basta così, basta una bordata di Eder Citadin Martins, nome e provenienze brasiliane, bisnonno italiano quel tanto che basta per convincere il ct Conte che è il caso di chiamarlo a rimpolpare un attacco azzurro che stenta. Mihajlovic batte Mancini e pagherà volentieri, come da promessa, una cena con vista sul mare. Delle quattro partite del ciclo di ferro due (Roma e Inter) hanno significato sei punti per la Samp; che si prepara ad affrontare le restanti (Fiorentina e Milan) entrambe in trasferta con speranze vaste come la vista che può spaziare ovunque da lassù, luoghi dove il Doria non pensava di stare oggi. Merito del serbo soprattutto, ma anche di un gruppo che si è votato alla causa in maniera totale, dove si vede Eto’o fare il terzino, Eder coprire e segnare, capitan Palombo correre come quando era arrivato, con la Samp in B, tredici anni fa.
La tattica. L’Inter si presenta con il modulo 4-3-1-2 in cui tutto ruota attorno ai piccoletti Medel (centrale della linea mediana) e Shaqiri (quando lo scrivi ti viene sempre voglia di metterci la “u”, che fa il trequartista davanti alle punte Icardi e Podolski). La Sampdoria risponde con il 4-3-3 che sta dando soddisfazioni geometriche a Mihajlovic ed emozioni profonde ai tifosi. Sia il serbo, sia il collega Mancini hanno messo in conto qualche vantaggio in fase offensiva e qualche svantaggio in quella difensiva. L’Inter rischia perché hai voglia a schiacciare Medel sulla linea dei difensori, ma quando ti puntano i tre davanti che sono missili con la palla al piede soffri come un cane. La Sampdoria pena pervia del doppio ruolo che è costretto a svolgere Palombo: avanzare per ostacolare l’impostazione di Medel, arretrare per coprire su Shaqiri nella propria metà campo. Il ruolo di pendolino è ingrato; il capitano si spreme ma deve per forza lasciare spazio allo svizzero che diventa pericoloso negli ultimi trenta metri d’attacco nerazzurri. Anche perché i paracadute studiati da Sinisa non funzionano perfettamente: seastringere sono gli interni di centrocampo Soriano e Acquah (qui la “u” c’è) si scoprono le fasce; se a chiudere sono i centrali Silvestre e Romagnoli si scopre la difesa.
La pratica. La tattica è talvolta soporifera ma spesso spiega quel che accade in campo. Non a caso le azioni più interessanti si sviluppano sulle traiettorie schematiche disegnate dagli allenatori. La Sampdoria buca per vie centrali con inserimenti rapidissimi dei propri attaccanti. Per esempio al 12’ azione Eto’o-Eder con assist spettacolare del brasiliano per Muriel che dopo aver illuso lo stadio con un sombrero a Ranocchia sbaglia la cosa più facile, il tiro i porta da posizione favorevole. Al 35’ ancora Muriel va via a Ranocchia che gli si aggrappa alla maglia ma non può fermare la corsa pazzesca del colombiano, dribbling a rientrare e tiro alto di poco. L’Inter replica con azioni manovrate e palloni che arrivano dalle fasce: Juan Jesus due volte da sinistra per Icardi che di testa mette alto non molto.
Lo strappo. Il primo tempo torna così negli spogliatoi, insieme al suo zero a zero: l’Inter ha tenuto più palla e costruitodi più, la Sampdoria si è affidata alle fiammate dei suoi attaccanti talentuosi. Ma il rientro in campo è sorprendente. I nerazzurri attaccano a testa bassa e schiacciano la Sampdoria nella propria metà campo. In dieci minuti potrebbero segnare Icardi (che colpisce la traversa con un tiro a giro dalla destra), Guarin con un tiro che Viviano riesce a parare e Shaqiri con un destro che termina di poco a lato. La Sampdoria soffre, si in curva persino un po’ la gradinata Sud che fino a quel momento era stata come sempre gagliarda. Questa Sampdoria è come il suo allenatore, tuttavia: sa soffrire quando è il caso, offendere se può, in ogni caso non molla il punto. È il ventesimo quando l’arbitro Valeri fischia una punizione per fallo su Soriano a venti metri dalla porta dell’Inter. Lo schema è antico: tocco di Eto’o per il vicino Palombo che stoppa con la suola e si sposta, arriva Eder che colpisce con l’esterno destro, palla che colpisce il palo alla sinistra di Handanovic ed entra in porta.
L’epilogo. La partita cambia. Lo stadio si gonfia, l’Inter si scopre, la Sampdoria si attrezza: è la situazione che preferisce, rincula di qualche metro, lascia soprattutto agli attaccanti le iniziative in territorio avversario. I nerazzurri perdono la foga costruttiva che aveva caratterizzato il loro inizio ripresa mentre da parte doriana diventano pericolosi, il giro, ancora Eder con un’altra punizione alta di poco, Obiang (entrato al posto di Acquah), Okaka (che ha rilevato un Muriel ancora positivo). Quando può, la banda doriana rallenta le operazioni. L’Inter attacca ma balbettando, più con la speranza di trovare uno sbocco che con la reale consapevolezza di poterlo fare. I minuti di recupero sono cinque, ma tutti hanno già capito come andrà a finire. Il boato che accogli e il fischio del direttore di gara ricorda quelli antichi di successi strepitosi. Si finisce con lo scoordinato e felice balletto di Ferrero che precede la squadra sotto la gradinata Sud che canta il cielo è sempre più blu. La tramontana porta via l’Inter e lascia solo le note di Gaetano, festanti.
© RIPRODUZIONE RISERVATA