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ilSecoloXIX – Il giro di noia del campionato. Già  tutto scontato, vince chi ha più soldi…

“Che noia che barba che barba che noia”. Sandra Mondaini che sbuffa e scalcia nel letto e Raimondo Vianello che prova a leggere impassibile la Gazzetta (purtroppo) non ci sono più. Ma a guardare il campionato italiano non si può che essere...

Francesco Parrone

“Che noia che barba che barba che noia”. Sandra Mondaini che sbuffa e scalcia nel letto e Raimondo Vianello che prova a leggere impassibile la Gazzetta (purtroppo) non ci sono più. Ma a guardare il campionato italiano non si può che essere d’accordo con l’indimenticata Sandra. Più che un giro di boa sembra l’ennesimo giro di noia perché neanche a dirlo la Juventus è ancora una volta campione d’inverno. Dopo due anni di dominio ci si aspettava un calo. E invece no. La macchina da guerra è sempre più carro armato. La classifica parla chiaro, la Juve è una spanna sopra le altre: 52 punti (8 in più dell’anno scorso) conquistati con 17 vittorie, un pari e una sconfitta. Dietro, aggrappate con le unghie e con i denti, ci sono Roma (44) e Napoli (42), poi Fiorentina (37) e il vuoto. 

Le uniche speranze di tener vivo il campionato sono le legate a Garcia e Benitez. Ma sarà dura. Napoli e Roma sono troppo più forti delle altre, ma ancora fragili per tenere testa alla Signora. Il quadro che ne viene fuori è quello di un campionato spezzato in tre fasce. Le prime che si giocano lo scudetto con la Juve strafavorita. Fiorentina (che prova a rientrare sul Napoli), Inter e Verona più dietro. E poi, da Torino e Parma (26 punti) in giù, tutte in unico calderone. Il divario tra prime e ultime è sempre più ampio, ma esaminando a ritroso l’albo d’oro della serie A, si capisce che l’andazzoè questo da un po’ di anni. A partire dai Novanta, quando dopo gli scudetti vinti da Napoli (1990) e Samp (1991) è iniziato un lungo monopolio sull’asse Milano-Torino.

Dal 1992 sono arrivati 7 scudetti a testa per Milan e Juve, 5 per l’Inter e uno per Lazio e Roma che nel 2000 e nel 2001 hanno provato a contrastare lo strapotere del Nord prima di tornare nei ranghi. Insomma la noia non è una novità di questi giorni. Il motivo? In gran parte economico. La differenza di mezzi tra le grandi e le più piccole aumenta così come i distacchi in classifica. I fatturati delle big sono incomparabili con quelli delle altre e i diritti tv hanno un peso sempre più decisivo. E se maggiori sono i ricavi, superiori sono anche le cifre investite per pagare i giocatori. Basta guardare la classifica del monte ingaggi, aggiornata allo scorso settembre: anche qui comanda la Juve con 115 milioni all’anno. Seguono Milan (105 milioni) Inter (95), Roma (92,5), Napoli (74,1), Lazio (62) e Fiorentina (60,5). Per comprendere le differenze, però, bisogna spostarsi sul fondo e guardare a Chievo e Cagliari (monte ingaggi di circa 17,5 milioni) e Livorno ultimo con 14,5. 

Interessante anche il dato del sito Transfermarket che calcola il valore delle rose. Anche qui stravince la Juve con quasi 340 milioni. Dietro Napoli (253,2 milioni), Milan (229), Inter (221,7) e Roma (188,9). Nella “zona retrocessione”, ci sono Bologna (valore rosa 51,8 milioni), Livorno, (45,4) e Chievo (37,4). Si dirà, sono solo numeri. Ma sono anche dati che rispecchiano quello che offre il campionato. C’è chi come il Milan o l’Inter delude e chi sorprende, come il Verona (monte ingaggi 22,6 e valore rosa 54,1), ma nel lungo periodo le forze economiche prendono il sopravvento salvo casi isolati come l’Udinese.

E le genovesi? Se la giocano nella terra di mezzo. Sul versante Genoa il monte ingaggi è di 33,6 milioni e il valore della rosa secondo Transfermarket è di 72 milioni. Sul fronte Samp, il monte ingaggi è di 27,5 milioni (ma in realtà sono 38 considerando tutti i giocatori dati in prestito come Piovaccari o Maccarone), mentre il valore  dimercato della rosa è 66,4 milioni. Indicativi anche i dati relativi al fatturato. In Italia le prime sono Juve e Milan che si aggirano sui 275 milioni mentre il Genoa è sui 50 e la Samp è tra i 40 e i 42. Si capisce così quanto sia difficile riuscire a tenere il passo delle potenze del calcio.

Come ridurre il gap? «In questo momento non riesco a vedere un modo per colmare delle distanze siderali», commenta Rinaldo Sagramola, ad della Samp. D’altra parte il problema non è solo italiano: «La differenza è grande anche in Inghilterra, dove pure la redistribuzione dei diritti tv è più equilibrata. Le società che competono per la vittoria sono sempre le solite, ma le cose cambiano dietro, perché non c’è la preoccupazione della retrocessione nel senso che il paracadute economico è ampio». L’unica strada allora è quella di attutire i colpi: «Chi fattura meno può creare un modello per assicurarsi una vita tranquilla, l’esempio è l’Udinese. Devi individuare potenziali campioni, valorizzarli e rivenderli per reinserire parte dei ricavi per colmare perdite e parte per ricapitalizzare e comprare altri giocatori. E poi lo stadio di proprietà può essere uno strumento di difesa, ma solo fino a quando lo farai prima degli altri. Nel momento in cui l’avranno tutti, finiranno anche quei vantaggi».

Soldi, fatturati, ingaggi, diritti tv. Non è più roba solo da economisti. E neanche argomento da tifosi. Ormai ne parlano sempre più spesso anche gli allenatori. Come Rafa Benitez che pochi giorni fa ha detto: «La Juve ha 100 milioni di fatturato in più delle altre e dopo tanti anni in Premier ho capito che c’è una relazione uno a uno tra scudetti conquistati e fatturato». Insomma dalla noia non si scappa, ma neanche ci si può arrendere. Bisogna solo sperare in quelli come Rafa che ha vinto uno scudetto a Valencia e una Champions col Liverpool. Alla faccia della noia.