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Fiducia a Mazzarri e rivoluzione…low cost. L’Inter orfana dei senatori argentini che l’hanno fatta grande nel corso degli ultimi anni volta pagina e lo fa all’insegna dell’austerity: picconate al monte ingaggi, acquisti solo se autofinanziati, prestiti a valanga. Passi se l’obiettivo è vivacchiare fra il quinto e il sesto posto, ma per competere ai massimi livelli ci vuole di più. Emblematico il caso degli ultimi giorni di mercato: l’uscita di Guarin avrebbe dovuto foraggiare l’arrivo di un quarto attaccante di spessore dopo le cessioni di Alvarez e Botta, ma il colombiano è rimasto a Milano e l’Inter non è riuscita a trovare la soluzione. Il lavoro di Ausilio, che in estate ha portato in nerazzurro Vidic, Dodò, M’Vila, Medel e Osvaldo, rimane comunque ottimo, ma i tre attaccanti per tre competizioni possono risultare un problema (oltre all’italo- argentino il reparto conta dei soli Icardi e Palacio) e soprattutto invogliare Mazzarri a continuare a battere il sentiero del 3-5-2 e schierare un’Inter che continui a pensare più a non prenderle che a darle.
Ergo, squadra a trazione posteriore e nessuna traccia di quel bel gioco promesso al termine dello scorso campionato. Se poi anche quelli che dovrebbero rappresentare le certezze arrivano a steccare clamorosamente (vedi Kovacic e Vidic all’esordio contro il Torino) allora la stagione della Beneamata potrebbe volgere al nero più che all’azzurro. In queste condizioni tutti devono dare il massimo. E non è detto che basti per il sogno Champions. Le concorrenti sono agguerrite e si sono rinforzate. Quest’anno Mazzarri ed i suoi sono chiamati alla prova di maturità.
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