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La fuga dagli stadi italiani è una tendenza consolidata: nelle ultime cinque stagioni andate in archivio (in attesa dei dati del 2016-17) abbiamo continuato a perdere spettatori negli stadi della Serie A. Una flessione nel quinquennio dell’1,1%. Ancora più significativa nei match europei (-4% in Champions, -9,6% in Europa League). C’è un solo calcio che cresce ed è quello di B e Lega Pro: un dato che deve far riflettere e molto. Il nostro in Europa è il campionato che riesce a riempire meno gli stadi. Le cause? Più fattori in combinazione tra di loro: dalla concorrenza della pay tv alla fatiscenza in cui versano buona parte degli impianti italiani, con strutture carenti, servizi inadeguati e spesso, intorno, un sistema di infrastrutture (dai parcheggi ai trasporti pubblici) che rendono andare allo stadio un autentico percorso a ostacoli. Per non parlare di una normativa sempre più severa (tessera del tifoso, divieto di acquisto di più di quattro tagliandi) che scoraggia lo spettatore meno fidelizzato a tornare con frequenza al calcio dal vivo. Insomma: se ci si muove da soli, e si ha uno stipendio medio, la partita nel settore più popolare è un “lusso” che ci si può ancora permettere. Però poi la spesa raddoppia se allo stadio si vuole portare la moglie, la fidanzata o un figlio. E quando il nucleo aumenta (un papà e due figli, e via così), le cose si fanno sempre più complicate. Facciamo un esempio: quanto costa andare allo stadio in tre? In media per la Seria A una sessantina di euro, solo per i biglietti. A patto di non scegliere il “teatro” più costoso: per Inter e Juve si parte da una base media di 30 euro, che diventano 25 per il Milan. Con un esborso destinato a crescere esponenzialmente muovendosi nei settori meno popolari. Anche perché non è detto che sia possibile trovare biglietti disponibili per la curva, di solito il primo settore ad andare sold out durante la campagna abbonamenti. E così i nostri stadi restano vuoti: la Serie A li riempie solo al 56% (con l’eccezione della Juve, già citata), contro il 96% della Premier e il 92% della Bundesliga. Negli ultimi cinque anni non ci siamo mai mossi da quella quota, mai saliti al 60%.
(Corriere dello Sport)
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