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Infettivologo Bassetti: “Stadi sicuri, ridurre spettatori un’assurdità”

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Il primario di Malattie infettive commenta l’ultima decisione di ridurre la capienza degli stadi a 5mila spettatori

Alessandro Cosattini

Matteo Bassetti, primario di Malattie infettive all’ospedale San Martino di Genova e grande appassionato di calcio, commenta alla Gazzetta dello Sport l’ultima decisione di ridurre la capienza degli stadi a 5mila spettatori appena: “È un’assurdità controproducente. Assistiamo a un continuo crescere e decrescere, quando andrebbe sempre mantenuta una percentuale in relazione allo stadio: aprire per 5mila a San Siro è una presa in giro. Stiamo tornando tutti indietro, a quei mesi in cui entravano in mille e poi li trovavi tutti nella stessa zona, ammassati nella tribuna centrale senza alcun distanziamento”.

E questa misura perché è anche controproducente?

“È un errore grave nei confronti della campagna vaccinale. Hai portato dei tifosi a vaccinarsi facendo capire loro che così si sarebbero protetti e avrebbero avuto pure il diritto di andare allo stadio, un posto sacro per loro. Adesso che togli loro questa possibilità, rischi di instillare in qualcuno il dubbio che non sia servito a nulla vaccinarsi”.

Ma negli stadi non c’è comunque un rischio da evitare in questo momento delicato?

“Mettere dentro il 50% delle persone, tutte vaccinate con doppia e tripla dose, non è minimamente un rischio. Bisognava chiudere gli impianti ai non vaccinati, e su questo siamo tutti d’accordo, ma non smettiamo di guardare anche a cosa succede negli altri Paesi: la Premier continua ad avere la capienza al 100%…".

Lo stadio in quanto tale è un vettore del virus?

“L’ambiente all’aperto di uno stadio è uno dei luoghi più sicuri. Anziché ridurre la capienza, andava lanciato un altro messaggio. Serviva alzare il controllo sulle mascherine FFP2, pena delle multe vere. Serviva controllo sul distanziamento e sui green pass per evitare che qualche furbo entrasse con il certificato di un altro. Purtroppo, lo stadio è un luogo paradigmatico per i nostri amministratori sin da Atalanta-Valencia 2020, come se fosse il moltiplicatore del contagio. Cosa che non è vera, nonostante non si sia mai immuni da rischi”.

Quindi per lei c’è un pregiudizio nei confronti del calcio?

“Certo, c’è nei confronti del calcio, delle discoteche, del divertimento. Ed è un errore. Appena è ripartita la curva dei contagi, si sono colpiti questi settori. Il calcio, invece, è parte fondamentale del nostro sistema produttivo, tocca decine di migliaia di persone. Ma in generale dobbiamo cambiare la prospettiva sul virus”.

In che modo?

“Bisogna uscire dalla logica del Covid come malattia terrificante perché siamo ormai in una fase endemica in cui i vaccinati possono reggere l’urto. Se ora, dopo tre dosi, affrontiamo il Covid con le chiusure, anche degli stadi, ci facciamo del male. E finiremo per avere un Paese più complicato”. 

(Fonte: La Gazzetta dello Sport)

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