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"Avrei giocato fino a 90 anni, ma sono felice di aver realizzato il sogno di essere un calciatore. Finisce una fase, ma il gioco continua...Non posso stare lontano dal calcio, è stato la mia vita e continuerà ad esserlo". Andres Iniesta, a 40 anni, chiude con il calcio giocato e sceglie l'8 ottobre (il suo numero storico di maglia) per dare l'addio. Iniesta è stato il simbolo della generazione d'oro della nazionale spagnola e del Barcellona. Una carriera da record nella quale ha lasciato un segno indelebile, nonostante la sua leggendaria discrezione, con la sua tecnica setosa e il suo immenso talento creativo.
Momenti felici, ma anche l'ombra della depressione e la delusione per il Pallone d'Oro mai vinto. "Spero di fare un grande lavoro non correndo dietro al pallone, ma dall'altra parte - le sue parole nell'affollata cerimonia alla presenza anche della sua famiglia - Ma con tanta voglia di fare. Se c'è una parola che può riassumere questa tappa è orgoglio. Orgoglio di aver lottato fino all'ultimo giorno da calciatore. Il resto è storia: titoli, sconfitte, momenti brutti. L'orgoglio e il non aver mai mollato è ciò che mi rende felice".
Sul palco dell'America's Cup Experience, Iniesta ha spiegato a più di 500 persone di sentirsi felice: "È stata come una storia, iniziata sulla pista di Fuentealbilla. Ho sempre avuto due squadre nel cuore: l'Alba, con cui non ho mai giocato a livello professionistico, e il Barcellona". Visibilmente commosso, ha proseguito. "Permettetemi di commuovermi, ma le lacrime di questi giorni oggi sono di orgoglio, di quel ragazzo di Fuentealbilla che aveva il sogno di essere un calciatore e lo ha realizzato dopo tanti sforzi e senza mai arrendersi". Nella sua lunghissima carriera Iniesta (che l'ex allenatore del Barcellona, Luis Enrique definì 'patrimonio dell'umanità') è stato un fuoriclasse, in campo e fuori. E' stato il calciatore che ha portato più gioia ai tifosi spagnoli. Il suo gol nella finale della Coppa del Mondo dell'11 luglio 2010 che regalò il titolo alle Furie Rosse lo ha reso immortale. Per quasi due decenni è stato la mente e l'architetto del centrocampo blaugrana, e con Xavi è stato il portabandiera del 'tiki-taka'.
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