L’Inter si snatura e cade in Champions. Le risposte che Inzaghi ancora non ha avuto

Quando l’Inter ultimamente varca la soglia della Champions League si trasforma. All’ascolto della musichetta, drizza le antenne, serra i ranghi e diventa una sorta di falange macedone. Muta la forma di una prestazione che assume contorni molto diversi da quelli del campionato, dove spesso e volentieri alza il baricentro fino alla trequarti avversaria e con discreto ottimismo gestisce la fase di non possesso. Finora la sostanza non era cambiata, perché anche fuori dall’Italia erano arrivati risultati convincenti, perfino al di sopra delle aspettative.

Ieri invece qualcosa è andato storto. La solidità difensiva è praticamente sfociata in una difesa a oltranza di un pareggio che avrebbe permesso di mettere un altro mattoncino prezioso nella costruzione del portale che la teletrasporterebbe direttamente agli ottavi di finale, evitando l’insidia dello spareggio. Inzaghi ha scelto di giocarsela come aveva sempre fatto, in un mix di scelte tecniche e alcune obbligate che ha generato un discreto cambiamento rispetto alla gara col Parma. Mentale, tecnico e tattico.

L’armata che a San Siro aveva respinto qualsiasi tipo di attacco dell’Arsenal al proprio fortino è caduta nel finale, con il primo gol stagionale in Europa a sancire anche la prima sconfitta. Capita, non è un dramma. Rimane soltanto l’amaro in bocca per quelle garanzie che in un contesto in cui quasi tutto funziona ancora non sono riusciti a dare alcuni elementi. Da Frattesi a Carlos Augusto, fino all’ultimo arrivato Taremi e a Buchanan che quasi stava per entrare, ma che è stato scavalcato perfino da Arnautovic. Se l’Inter talvolta si snatura dipende anche da questo: cambiando gli uomini, il rischio è di alterare la vocazione di squadra. E gare come quella di ieri è più facile riservino brutte sorprese che insperate soddisfazioni.