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Sono passati poco meno di due anni da quando Antonio Conte si presentò al mondo Inter. Era il 7 luglio 2019 e il tecnico leccese dichiarò: "È stato semplice scegliere l'Inter, abbiamo la stessa visione e l'ambizione di costruire qualcosa di importante". L'ex Ct della Nazionale ci ha impiegato meno tempo rispetto al triennio programmato da Suning per riportare la squadra nerazzurra al vertice del calcio italiano. Già al termine della prima stagione, con il secondo posto e la finale di Europa League persa col Siviglia, l'Inter ha dimostrato di essere diventata una creatura di Conte. "Era apparso evidente come l’Inter fosse diventata in tutto e per tutto una creatura di Conte e che bastasse una spallata per far cadere la Juve dal trono".
Tuttosport sottolinea il lavoro della società nerazzurra: "L'Inter ha dato profondità alla rosa, aggiungendo altri due titolari (Hakimi e Vidal), due giocatori multitasking (Darmian e Kolarov, l'unica delusione stagionale) e riportando alla base Perisic, Nainggolan, Radu e Pinamonti".
Grandi meriti per Antonio Conte: "Il resto l’ha fatto Conte che, in ossequio ai patti presi a Villa Bellini, ha messo pancia a terra per dedicarsi al lavoro sulla squadra avendo la possibilità di costruire sulle fondamenta poste nel primo anno in nerazzurro.E qui l’allenatore ha conquistato l’Oscar più importante perché ha dimostrato una dote innata, quella di saper migliorare in modo esponenziale il materiale umano a sua disposizione. Romelu Lukaku, da centravantone in grado di garantire un buon numero di gol, è diventato un campione a livello planetario, Lautaro Martinez ha completato il percorso iniziato ai tempi di Spalletti dopo la defenestrazione di Icardi, mentre Nicolò Barella è diventato quanto più di simile ricordi Marco Tardelli in tempi recenti".
Il quotidiano prosegue: "Conte che ha avuto pure la lucidità, dopo i 13 gol incassati nelle prime 8 giornate, di abbandonare la svolta “giochista” per esaltare il dna di una squadra che il meglio lo ha sempre dato nelle ripartenze, favorite da un’uscita palla partendo dalla difesa, con meccanismi sincronizzati in ore e ore di lavoro alla Pinetina. L’Inter non si è vergognata di lascare la palla agli avversari e di mettersi - all’occorrenza - chiusa a riccio davanti ad Handanovic. Questo perché nelle ripartenze Hakimi, Barella e Lukaku sulla corsia destra parevano Bolt e la 4X100 giamaicana. In tal senso emblematico quanto accaduto nel match di ritorno con il Sassuolo, un girone dopo la svolta maturata al Mapei, quando Conte ha postato la ripartenza che ha portato al gol di Lukaku su cross al bacio di Young anteponendo la bellezza di quel flash all’abbondante possesso palla concesso agli avversari.
Un’Inter che ha trovato consapevolezza di aver annullato il gap con la Juve nello scontro diretto in campionato, quando - grazie a una partita che ha sfiorato la perfezione - gli avversari sono stati annichiliti ben più di quanto abbia detto il 2-0 finale, maturato grazie ai gol di Vidal e Barella. Quella notte, era il 17 gennaio, ha iniziato a rimarginarsi un po’ la ferita - dolorosissima anche per i conti societari - per la prematura eliminazione dalla Champions con l’ultimo posto nel gironcino, cosa mai accaduta nella storia del club. Un’onta che Conte ha faticato a metabolizzare, ma, da quella delusione, è germogliata la feroce voglia di fare qualcosa di grande in campionato per rendere comunque straordinaria l’annata".
Tuttosport conclude: "Conte oggi è icona di un’Inter tornata a fare l’Inter dopo un decennio di eclissi. Il prossimo step (per usare un termine tanto caro ad Antonio) sarà riuscire a fare altrettanto in Champions, dove c’è una ferita che va definitivamente suturata nella prossima stagione. Per pensarci, ci sarà tempo. Ora Conte è giusto che assapori fino in fondo questo scudetto, forse il più difficile vinto in carriera dall’uomo che ha saputo cancellare per sempre la Pazza Inter".
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