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"Il primo a bucare Sommer un anno fa era stato Rafa Leao alla quarta, in un derby diventato presto la mattanza del tonno: 5-1. A voler infierire, si potrebbe aggiungere che nelle prime cinque partite a valanga il parziale per i nerazzurri era di quattordici reti a uno. E per Inzaghi era sconosciuto quel senso di affanno che dà una rincorsa. Solo alla tredicesima di A, allo Stadium contro la Juventus, la squadra di Simone era andata sotto e aveva dovuto rimontare. La stessa situazione di svantaggio si è ripetuta di nuovo solo l’8 aprile a Udine: cinque mesi dopo, praticamente una vita, quasi a ribadire che quell’Inter non permetteva a nessuno di mettere il muso davanti".
"Stavolta la premessa del romanzo lascia immaginare uno svolgimento diverso: è vero che contro il Grifone i rischi sono stati ridotti, ma nei singoli la concentrazione è calata. È ricomparsa quella vecchia abitudine di complicarsi la vita. All’Inter nessuno fa particolari drammi, anzi c’è una certa convinzione che quando verranno smaltiti i carichi di lavoro gli svarioni non si ripeteranno: in fondo, basterà sintonizzare gambe e testa. Più complicato, invece, l’altro problema legato al tempo che passa, quello sì inesorabile: in un reparto ringiovanito l’anno scorso da Bisseck e quest’anno probabilmente da Palacios, i due centrali restano comunque degli ultra-trentenni. Sulle spalle, comunque larghe, di Francesco Acerbi e Stefan de Vrij pesa un anno di più e a questo punto del cammino non è secondario: nel prossimo febbraio l’italiano arriverà a 37, l’olandese a 33. Nessuno ha la certezza che saranno ancora affidabili per una stagione intera, come garantito sempre fino ad ora", scrive il quotidiano.
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