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"Questa Inter è nata un’estate fa, quando Dybala ha detto no al Manchester United e Conte, alzando la voce, ha accelerato l’arrivo del «suo» Lukaku che rischiava di sfumare. Come Dzeko e Vidal". Il giornalista de' La Gazzetta dello Sport, Luigi Garlando, commenta la nascita della nuova Inter targata Antonio Conte e Romelu Lukaku.
"Conte ne ha fatto la sua colonna portante, ricostruendolo alla Pinetina: più asciutto e reattivo fisicamente; più educato tecnicamente; e, soprattutto, più connesso tatticamente con la squadra. Il Lukaku di inizio stagione era un altro giocatore. Con Gasperini, Conte è l’allenatore che più incide sulla crescita individuale. La maturazione di Lautaro, che si è combinato alla perfezione con Lukaku, ne è la conferma. I gol iniziali della Lu-La hanno permesso al tecnico di lavorare serenamente sul resto. In tre direzioni. Prima: meccanizzare le linee di gioco (3-5-2), perché avere conoscenze salde, memorizzate, fortifica l’autostima. Seconda: alzare la squadra con una nuova aggressività. Cioè, pressare altissimo e difendere correndo in avanti. Terza direzione: mentalità vincente e ricerca del dominio anche in situazione di vantaggio". Un lavoro, quello di Conte, sul campo e nella testa dei suoi giocatori: "Il primo incrocio con la Juventus, a San Siro, ha mostrato quanti complessi d’inferiorità avessero lasciato nella testa dell’Inter le avvilenti stagioni precedenti. Serviva tempo per la rivoluzione e, nel tempo, tra critiche e polemiche, Conte ha messo a posto tutto".
Il passaggio decisivo nella partita di Bergamo contro l'Atalanta: "È stato lo step (parola cara a Conte) decisivo. Finire secondi o quarti non era la stessa cosa. Si giocava uno spareggio. In queste situazioni calde, l’Inter aveva tradito spesso: con la Juve, col Napoli in Coppa Italia, col Barcellona in Champions, contro Sassuolo e Bologna nel post-Covid con lo scudetto a tiro… Questa volta no. Ha schiantato l’Atalanta così come ha schiantato lo Shakhtar, con gli stessi 11, con la stessa difesa impenetrabile, con lo stesso D’Ambrosio goleador, uno che ha l’anima della stessa stoffa di Conte. C’è voluto tempo e ci sono volute tensioni. Il tecnico ha rischiato di rompere con la squadra dopo la violenta strigliata post-Bologna e con la proprietà dopo le bordate post-Atalanta. Ma era fuoco costruttivo. Esagerare per stimolare una reazione: lo faceva anche Mou. Conte ha tirato la corda, ma non l’ha rotta e ha ottenuto ciò che voleva. [...] Bergamo è stato un punto di non ritorno: da allora, al posto della pazza Inter, c’è una macchina da gioco, poderosa nei muscoli e nella volontà, che vince in serie. Fino a nuova smentita.
Tra i protagonisti c'è senza dubbio anche l'amministratore delegato nerazzurro Beppe Marotta: "Nei momenti più tesi (Conte-club, Lautaro-Barça) ha tessuto saggia diplomazia. Marotta e Conte, fuoriusciti juventini, arrivati all’Inter con la stessa missione: abbattere la tirannia bianconera che hanno contribuito a costruire. La vittoria salda gli strappi e rafforza l’empatia di gruppo".
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