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GdS – Inter decolla, ma anche Inzaghi è stato… Fonseca: scontro tra pianeti distanti

Alessandro Cosattini Redattore 
Conto alla rovescia per la super sfida tra Inter e Milan, oggi La Gazzetta dello Sport presenta così le due facce di Milano verso il derby

Manca sempre meno al derby di Milano. Conto alla rovescia per la super sfida tra Inter e Milan, oggi La Gazzetta dello Sport presenta così le due facce di Milano. Da un lato i nerazzurri di Simone Inzaghi, dall'altra i rossoneri per ora guidati da Paulo Fonseca.

"C’era un periodo, neanche troppo lontano, primavera 2023, in cui Simone Inzaghi sembrava Paulo Fonseca. E non per il ciuffo e l’outfit ricercato. Il 15 aprile 2023 l’Inter, sconfitta in casa dal Monza, era quinta, fuori dalla zona Champions: 5 sconfitte in 7 partite. Qualche settimana prima, aveva rischiato di brutto a Oporto, nel ritorno degli ottavi di Champions, in una finale da tregenda: salvataggio sulla linea, palo traversa... Come ora sulla testa di Fonseca, allora su quella di Inzaghi, volavano nomi come avvoltoi: De Zerbi, Thiago Motta... Simone era sulla graticola e sibilava amaro: «Lo so da dove arrivano certe voci». Tutti pensavano a Marotta. Poi un cambio di scena clamoroso. L’Inter di Inzaghi, con una sgasata di 8 vittorie consecutive, risalì fino al 3° posto finale e, soprattutto, conquistò la finale Champions, dopo aver battuto due volte il Milan in semifinale. Per Simone, un glorioso epilogo di stagione, rapporti rinsaldati con la dirigenza e bagno d’amore del popolo per i 7 derby vinti, gli ultimi 6 consecutivi: un adorabile esorcista. Questo deve fare Fonseca per trasformare il filo sottile che lo tiene legato al Milan in un cavo da funivia, non c’è alternativa: risalire in campionato aggrappandosi al derby e proseguire in Champions, per svoltare e recuperare credibilità. In fretta, perché volano alti i nomi di Sarri, Terzic e Tudor.

Pianeti distanti, se non opposti

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Raramente in un derby si sono affrontati tecnici dai destini tanto diversi. Liverpool e City hanno allargato la forbice. Fonseca è uscito a pezzi, responsabile di un Milan senza cuore e senza identità, sovrastato in tutto; Inzaghi è stato celebrato dall’allenatore più iconico su piazza, Guardiola, dopo una prestazione autorevole in casa di una delle squadre più forti del mondo. Fonseca non ci ha messo niente di suo, tutte le scelte di Inzaghi hanno pagato, a cominciare di Zielinski, al debutto da titolare. La cosa gli ha trasmesso forse un briciolo di ubris e, a fine partita, ha rimbalzato le critiche per il turnover di Monza. Lo 0-0 dell’Etihad non redime l’1-1 dell’U-Power Stadium. Quelli restano due punti persi. La squadra ha sofferto la rimozione in blocco del polo creativo Bastoni, Barella, Calhanoglu. Infatti, è arrivata all’80’ senza un tiro in porta, mentre nel primo tempo di Manchester ci ha provato 10 volte. A Monza la squadra, inconsciamente. ha ricevuto il messaggio sbagliato. «Se mancano tanti totem, è facile...». E ha difettato in ferocia. Il turnover è un gioco d’azzardo, come il blackjack. Ci sta, sbagliare. Inzaghi è bravo, ma non il papa, cui spetta il dogma dell’infallibilità.

Per Fonseca è stato tutto più difficile, fin dall’inizio, perché ha pagato la doppia anima del Diavolo: quella del fondo Elliott, ex proprietario che ha elargito il prestito a Cardinale, nuovo padrone. Fonseca, come Moncada, viene dal Lille, orbita Elliott, ma risponde a Ibra che, come ha spiegato a Boban, è il boss di tutti ed è uomo di Cardinale. Raccontano di un primo incontro Ibra-Fonseca già freddino, con approccio, tipo: «Tu chi hai allenato?». Poi una delegittimazione progressiva: incontro Ibra-squadra senza il mister, la strigliata a Fonseca appena ha osato parlare di mercato, la calata a Milanello per caldeggiare (eufemismo) l’esclusione di Leo e Theo, infine le voci dell’incontro Ibra-Terzic. Anche Sacchi era arrivato tra lo scetticismo, ma aveva una società solida alle spalle. Berlusconi impiegò 20 secondi a spiegare: «O con Arrigo o fuori dal Milan». Fonseca atterrò a Milano e non trovò un dirigente apicale all’aeroporto. Solo un van. La gestione degli ammutinati è stata infelice. Ai microfoni, Theo invece di asciugare la macchia l’ha allargata.


I pasticcini

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Non l’hanno aiutato, ma ci ha messo poco di suo. Sia dal punto di vista dell’empatia di gruppo, sia tattico. Nei momenti più duri per Pioli, Theo, Florenzi, Calabria, tutti ci hanno messo la faccia per difenderlo e hanno riempito i social d’affetto quando è partito, perché hanno apprezzato le qualità del tecnico di uno scudetto e una semifinale Champions e, soprattutto, quelle dell’uomo. Se Pioli ora allena Cristiano è anche perché Leao ha dato a CR7 la sua piena garanzia. Fonseca è andato subito allo scontro con il connazionale che avrebbe dovuto essere il suo primo alleato. Chi sono i suoi fedelissimi? Tatticamente anche peggio. In tre mesi di lavoro (una sola vittoria ufficiale contro l’ultima della Serie A) non ha mai dato equilibrio e identità a una buona rosa. «Mi tengo le idee che mi hanno portato qui», ha spiegato. Lo diceva anche Spalletti all’Europeo, poi ha capito che è meglio adattare le idee agli uomini a disposizione. Inzaghi lo ha fatto splendidamente nella stagione scorsa, plasmando la mediana più forte d’Europa, dopo la partenza di Brozovic. Domenica a San Siro si scontreranno pianeti distanti. Ma è una partita speciale agli occhi dei tifosi milanisti, traumatizzati dalla striscia dei 6 derby persi. Se Paulo riuscirà a spezzare la catena nefasta, guadagnerà ossigeno e futuro. E forse gli porteranno perfino pasteis de nata", si legge.