Una vita in nerazzurro, prima da calciatore e poi da allenatore: Gianpiero Marini e l'Inter, una storia iniziata nel 1975 e conclusa nel 1994, con la vittoria della Coppa UEFA. Ai microfoni di Tuttosport, l'ex centrocampista ha ricordato alcuni dei passaggi fondamentali della sua carriera interista: "La chiamata dell'Inter nel 1975? La gioia più grande, perché passare dal Varese, che faceva qualche anno in serie B e qualcuno in serie A, all'Inter è stata una soddisfazione. Lì mi sono fermato come giocatore per undici stagioni consecutive e poi anche come allenatore. Per un ragazzino che sognava di fare questo nella vita, penso che sia il massimo.
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Bersellini ha dato all'Inter un'impronta, soprattutto a noi giovani. Quando sono arrivato io avevano smesso praticamente tutti i giocatori della Grande Inter, Bersellini ci ha insegnato la filosofia del lavoro. Al di là degli schemi e della tattica, ci ha insegnato l'importanza del lavoro e del gruppo. È stato un maestro, anche se sotto alcuni aspetti era molto rigido: nell'alimentazione, nella tipologia di allenamento, nei ritiri. Però, tutto il gruppo lo accettava.
Nel 1994 mi hanno assegnato la squadra. Una chiamata del tutto inaspettata, per me un privilegio allenarla. In quel periodo l'Inter non stava andando bene in campionato anche perché c'erano stati parecchi infortuni, anche gravi. 5-6 giocatori importanti erano stati fuori e quando erano rientrati erano anche un po' in difficoltà. Competere su due fronti era difficile, ma a gennaio in campionato non avevamo più obiettivi. Allora ci siamo concentrati di più sulla Coppa Uefa.
La vittoria che ci ha caricato di più è stata quella contro il Borussia Dortmund nei quarti. Inoltre, avevamo recuperato dagli infortunati Berti, che era stato fuori a lungo, che poi è stato determinante. Più giocavamo più andavamo meglio, abbiamo preso coraggio, il gruppo si è compattato e non ce n'è più stata per nessuno. In semifinale e finale non c'è stata storia e siamo riusciti a vincere la Coppa Uefa".
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