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In una lunga intervista a Repubblica, Vincenzo Italiano racconta la sua vita nel calcio. Dagli inizi, fino alla panchina della Fiorentina. "Da calciatore conta solo il presente, la partita, l’attimo che affronti. Però odio perdere. E ho avuto allenatori come Prandelli e Malesani capaci di tirarmi fuori cose che io non sapevo di avere. Questo mi ha sorpreso. Mi sono chiesto: come hanno fatto ad accendermi il fuoco? Come si possono vedere cose che stanno dentro e che ancora non sono venute fuori? Così ho iniziato a prendere appunti, a segnarmi sui quaderni i loro discorsi motivazionali, le difficoltà che trovavo, gli allenamenti, i carichi di lavoro. Tutto. Ho ancora quei fogli".
Lei ha fatto tanta gavetta: Arzignano, Trapani, Spezia.
«È indispensabile, la consiglio. Quando ti trovi con l’acqua alla gola è utile ricordare che in certe situazioni, forse anche peggiori, ci sei già stato e ne sei venuto fuori. Provare, sbagliare, aggiustare, rimediare, resistere. Serve averlo già fatto. E dimenticarsi di essere stato un giocatore. Devi azzerare tutto, non diventi allenatore se non pensi a livello collettivo, se ti concentri solo su te stesso. Me lo sono segnato tra gli sbagli: far fare agli altri quello che riusciva a te, imporre quello che avresti fatto tu, sostituirti a chi gioca. È l’errore che ha fatto Maradona da ct dell’Argentina».
Fiorentina è la squadra con più espulsioni (7). Anche il suo Spezia fu secondo per squalifiche.
«Ci tengo a dire che da allenatore non sono mai stato espulso. Non mi perdonerei mai di lasciare la mia squadra in difficoltà, io gesticolo, mi sgolo, ma resto lucido. Mia mamma mi ha sempre chiesto: perché gli altri a fine partita parlano normalmente e tu sei sempre stravolto e senza voce? Perché ho passione, perché in campo gioco anch’io. Quanto alla fallosità delle mie squadre non sono calcolate, ma se alleni per la salvezza, e devi stare dietro a ritmi più alti, a cui non sei abituato, se sei sempre oltre alla soglia delle tue forze, se vai all’arrembaggio, ci sta che per stanchezza, calcolo sbagliato, irruenza, fai fallo. Oltre a quello tattico e sistematico per portare a casa la partita».
Lei fu espulso al primo gol in A.
«Sì, in Verona-Inter nel 2000, con un tiro da lontano, in porta c’era Frey.
Non ci ho visto più dalla gioia e sono andato ad esultare sotto la curva, dentro mi scoppiava il cuore. Ma ero stato ammonito un minuto prima. Nella foga mi ero dimenticato che a Verona attorno al campo c’è la pista. La divorai, tutta l’Italia mi stava guardando. Ma almeno sono servito a qualcosa visto che poi la regola è stata modificata».
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