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Jorgensen: “Eriksen sta bene, la Danimarca reagirà. Lukaku? Lo si ferma se…”

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Intervistato da La Gazzetta dello Sport, l'ex Udinese e Fiorentina Martin Jorgensen ha parlato così di ciò che è successo a Eriksen

Matteo Pifferi

Intervistato da La Gazzetta dello Sport, l'ex Udinese e Fiorentina Martin Jorgensen ha parlato così di ciò che è successo a Eriksen:

«Sabato sera ero a casa. Preparavo la cresima dei miei figli del giorno dopo. Ho capito subito. Così mi sono alzato e ho spento la tv. Stop, non ho visto quella scena, non volevo che la vedessero neppure i miei figli. E così è stato, quel che è successo poi l’ho letto e basta».

Ce la racconta la storia del soprannome?

«Il vecchio fisioterapista della nazionale danese mi chiamava sempre “il fratellino”. Ero il fratellino di Helveg, in effetti: ero sempre con lui, a Udine mi aveva aiutato appena arrivato, poi lo stesso anche in nazionale. Poi nel 2010 è arrivato in nazionale Eriksen, per la prima volta. Aveva 18 anni, io ero verso la fine della mia storia con la Danimarca. E così il mio soprannome è passato a lui: “il fratellino” è Christian, ancora oggi. Poi con lui il rapporto è continuato, perché io successivamente sono entrato nello staff della nazionale con Morten Olsen, abbiamo lavorato insieme».

Quale reazione si aspetta, dalla Danimarca?

«Una reazione forte, perché Christian ora sta bene. E il suo desiderio è che passiamo il turno, che questo Europeo diventi una festa per la squadra e per tutta la Danimarca. Certo, poi non si può sapere fino in fondo. Nessuno sa realmente come stanno i giocatori, la reazione è molto soggettiva. Domani (oggi, ndr) torneranno nello stesso stadio: magari qualcuno può bloccarsi oppure all’improvviso il gruppo può unirsi ancora di più. Io in qualche modo ci sono passato, in una situazione simile».

Quando?

«Era il 2007, ero alla Fiorentina quando morì la moglie del mister Prandelli. Nello staff c’era anche il figlio, per noi fu uno shock totale. Era un lunedì. Il mercoledì andammo ai funerali. Poi partimmo per Atene, per giocare il giovedì contro l’Aek. Non mi era accaduto in vita mia di giocare una gara dopo un funerale. Una situazione emotivamente assurda. Eppure giocammo bene, la testa reagì bene, pareggiammo la partita».

Giocare in casa, in situazioni simili, è un vantaggio o no?

«Tutti quelli che saranno sugli spalti dello stadio Parken sanno alla perfezione che cosa è successo. E cosa può passare nella testa dei giocatori. Quindi, qualsiasi cosa accada, non faranno mancare il loro incoraggiamento: resta un vantaggio, quindi».

Come si ferma Lukaku?

«Non concedendogli il corpo a corpo, innanzitutto. E poi pensando ad anticiparne i movimenti. La Danimarca dovrà essere brava a tenere il pallone. E poi a colpire il Belgio in ripartenza: in velocità i difensori di Martinez possono andare in difficoltà. La vittoria della Russia è un buon risultato per Hjulmand: io credo che la mia nazionale abbia ancora il 50% di possibilità di passare il turno».

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