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La foto scelta dall'allenatore dell'Inter per dire addio a Rossi
Intervistato da Repubblica, l'ex difensore del Torino e del Brasile Leo Junior ha espresso così il suo ricordo per Paolo Rossi:
"Non era solo un grande calciatore, ma prima di tutto una grandissima persona, una persona d’altri tempi, la sua morte è stata un dispiacere per me e per il Brasile".
Tutti si ricordano del tassista brasiliano che lo fece scendere dopo averlo riconosciuto.
"Ci ha fatto provare uno dei più grandi dispiaceri, ma la gente qui ha avuto sempre un enorme rispetto. Anche se lui ha eliminato un Brasile tra i più forti di sempre, l’ha fatto con umiltà. Mai una parola fuori posto, aveva rispetto per gli avversari come noi per lui".
Eppure se Zoff non avesse fatto quella parata nel finale...
"Se avessimo fatto gol lui ne avrebbe segnato un altro, quel giorno era sempre nel posto giusto, quasi una missione divina. È stato per l’Italia come Maradona per l’Argentina nell’86".
Dopo quella partita lei arrivò al Torino, rivale storico della Juventus di Rossi. Come si diventa amici dopo una vita da avversari?
"Ci incrociavamo in qualche ristorante, abbiamo chiacchierato amabilmente. Lui è anche venuto alla partita del mio addio al calcio a Pescara nel 1990".
Quando lo incontrò l’ultima volta?
"Due anni fa è venuto a Rio per registrare un documentario sulla sua vita. Per un paio d’ore abbiamo fatto battute, ricordando il passato".
È questo l’ultimo suo ricordo?
"No. Mi chiese di andare al Maracanà, che in quel giorno era chiuso. Rimanemmo nell’impianto vuoto, silenzioso, enorme. Noi dicevamo sempre che in quella partita lui fece tre tiri e segnò tre gol. Allora mi sorrise e disse: ‘Vedi Leo, anche adesso se volessi potrei fare tre gol con tre tiri. È il destino’".
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