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Per cosa altro, allora?
«Per un attaccante è decisivo trovare un compagno che in campo ti capisca, e legga i tuoi movimenti. Uno con cui poter giocare la palla e dividere gli spazi: mi pare che Thuram e Lauti si trovino piuttosto bene. In più, hanno preso Taremi che ha esperienza in Champions. Non sappiamo, poi, se Correa tornerà ai vecchi livelli. Vengono tutti da posti del mondo diversi, ma il calcio parla una sola lingua».
Ci saranno problemi di gestione là davanti?
«No, sia perché a certi livelli la concorrenza serve sempre per motivarsi a vicenda sia perché in Europa avete così tante partite da giocare...».
Intervistato dalla Gazzetta dopo lo scudetto, Lautaro ha detto di sentirsi al livello di Mbappé e Haaland: concorda?
«Certo, ha ragione. Di “9” così ne trovi pochi, lui sta al tavolo dei migliori. Ed è bello che abbia scelto di legarsi alla sua squadra, si vede che Milano per lui è casa. Sentirsi felici in un posto fa tutta la differenza del mondo: non si decide in che squadra giocare solo per i soldi, è sempre il cuore che comanda in qualche modo. Poi quando supererà i 30 anni e avrà vinto altri titoli da capitano, magari Lautaro potrà fare esperienze altrove. Ma perché cambiare adesso?».
Tra l’altro, l’Inter ha appena preso un altro argentino: conosceva Tomas Palacios?
«Ammetto di no, ho dovuto googlarlo: spesso è difficile conoscere certi giocatori fuori dalle grandi d’Argentina, ma il fatto che un top club come l’Inter abbia deciso di andarlo a prendere dall’Independiente Rivadavia mi fa pensare che il ragazzo abbia dei numeri... Magari un giorno lo vedremo in nazionale, intanto è bello vedere come il nostro calcio sia sempre una fabbrica di talenti anche in provincia. Non esistono solo Boca e River, basti pensare a uno come Retegui, che sta facendo così bene da voi ed è esploso al Tigre».
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