LEGGI ANCHE
Apra il libro dei ricordi da derby: quale è la prima immagine alla mente?
—«L’attesa. La gente che mentre sei in coda in macchina ti dice: «Segna per noi Jurgen». Era tensione sempre positiva, ti metteva energia. Ho segnato un solo gol al Milan, nel mio penultimo derby dopo due stagioni in cui non c’ero riuscito: era il dicembre 1991 e io l’uomo più felice del mondo. Poi però pareggio di Van Basten e... 1-1».
Quale è il segreto dietro a questo cammino?
—«Da fuori percepisci una bellissima atmosfera: coinvolge tutti, la squadra, la società, i tifosi. Ovunque giochi l’Inter, vedi sempre grandi macchie nerazzurre allo stadio: è bellissimo. È proprio lo scudetto del sorriso. Inzaghi poi è riuscito a dare una identità e in ogni ruolo ha sempre un’alternativa di livello. Peccato solo per la serata storta di Madrid, ma il titolo numero 20 supera qualsiasi delusione».
Chi è per lei l’uomo dello scudetto?
—«Non si può davvero dirne uno, non in questa squadra che lavora così bene insieme. Lautaro dopo il Mondiale è diventato un leader incredibile, trascina tutti oltre che segnare, ma tanti si meritano la vetrina. Prendete ad esempio Calhanoglu: è bravissimo con la palla, vede tutto, non ha paura di prendersi responsabilità. E poi anche il figlio del mio amico Lilian...».
Sorpreso da Thuram jr?
—«Io giocavo con suo padre prima che Marcus nascesse, ai tempi del Monaco. Ha ereditato la stessa professionalità e intelligenza. Poi l’ho seguito da vicino a Monchengladbach e ora a Milano si è completato: ho la sensazione che crescerà ancora, lo vedremo sempre più forte e decisivo. Con lui, Lautaro, Calha, Barella, Bastoni l’Inter ha un grande futuro davanti a sé».
Avrebbe voglia di salire anche lei su un bus scoperto e festeggiare?
—«Sul bus ci va chi ha vinto sul campo, ma a me piacerebbe tantissimo essere a Milano e vedere la gente dell’Inter che festeggia. Purtroppo, non posso. Ma mi immagino le strade, le bandiere, l’emozione per la stella...».
Quanto sarebbe felice oggi il suo amico Andy Brehme?
—«Tanto, Andy amava davvero l’Inter: ogni successo della squadra lo sentiva suo. L’ho detto, era come un fratello maggiore. Mi ha aiutato tantissimo quando sono arrivato a Milano, pensava sempre prima agli altri. Siamo sempre rimasti in contatto, ovunque eravamo nel mondo».
Se vuoi approfondire tutte le tematiche sul mondo Inter senza perdere alcun aggiornamento, rimani collegato con FC Inter 1908 per scoprire tutte le news di giornata sui nerazzurri in campionato e in Europa.
© RIPRODUZIONE RISERVATA