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La pazienza nel calcio non esiste. Non è una grande scoperta, ma è così. Soprattutto se sei un giocatore giovane (ci lamentiamo in continuazione del fatto che l'Italia non sia un paese per giovani e poi appena questi faticano li buttiamo giù senza troppi rimorsi). Soprattutto se ti hanno pagato tanto e questa cifra te la ritrovi scritta addosso (come il cartellino di un negozio che ci si è dimenticati di tagliare). Soprattutto se giochi nell'Inter (e qui metteteci dentro quello che volete: le aspettative, i giudizi sempre puntuali e severi, l'urgenza di spendere bene e in funzione degli obiettivi). Il calcio non perdona, insomma. E la pazienza non esiste.
Nel caso di Geoffrey Kondogbia non è mai esistita perché le critiche erano piovute ancor prima che il francese calcasse i campi (ne avevamo scritto abbondantemente qui). Critiche preventive di un fallimento che doveva già essere scritto. E per diverso tempo in molti hanno pensato che queste critiche fossero in fondo pertinenti. Prestazioni non continue, la panchina e pochi sprazzi di quanto ci si sarebbe aspettato in estate. Eppure sarebbe stato sufficiente avere un po' di pazienza.
Quella pazienza che ha iniziato ad avere Roberto Mancini, quando ha iniziato a schierarlo con continuità. Ad onor del vero qualcuno aveva già iniziato a scorgere segnali positivi in relazione alla presenza di Geoffrey in campo (leggi qui). E il centrocampista, che non riesce a piacere a tutti (e in questo "tutti" sono compresi i tifosi nerazzurri, come sempre abbastanza spaccati su questioni di questo tenore), sta cercando di dimostrare che il prezzo sul suo cartellino, che tutti gli rinfacciano quotidianamente, è un prezzo che valeva la pena spendere. Non è facile. Perché è giovane e non si chiama Bertolacci. Ma la via della costanza è quella giusta. Nel suo eterno cambiare della prima parte di stagione Mancini non ha potuto ignorare alcuni punti fermi. Permettere a Kondogbia di esprimere al meglio le sue qualità, è evidentemente uno di quelli.
Twitter @SBertagna
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