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Se c’è una cosa che ha fatto discutere in queste ore è il mancato uso del VAR in Champions League. La Repubblica parla dell’arbitro di Roma-Liverpool che a fine partita, rivendendo delle azioni avrebbe confessato “abbiamo fatto un macello”. La tecnologia in campo in Italia è in via sperimentale, nonostante diversi errori fatti legati all’interpretazione, è cambiato completamente il modo di vedere una partita e da lì difficilmente si potrà fare un passo indietro. A fare un passo avanti deve essere l’Uefa, ma il quotidiano nazionale spiega: “Il presidente Ceferin chiede che la moviola venga usata quando tutti saranno pronti. A cominciare, evidentemente, dagli arbitri. Un tema centrale per l’Uefa infatti è quello della preparazione: quanti sono oggi i fischietti capaci di utilizzare il Var? Gli italiani, i tedeschi, i portoghesi, i polacchi, gli olandesi. Quelli che lo stanno testando nei campionati nazionali”.
In effetti nelle varie fasi della coppa scendono in campo circa 32-35 arbitri diversi, di nazionalità diverse e serve una formazione di un certo tipo prima di metterli alla prova sul VAR. Ci sono da cablare gli stadi e quindi ci sono delle difficoltà oggettive. “Adeguarli ha un costo, almeno 300/500mila euro a stadio. Nulla, per una manifestazione come la Champions che fattura ogni anno 3,2 miliardi. Ma tanti Paesi si rifiutano di rinunciare anche a un solo euro di premi in favore dello sviluppo tecnologico, in cui magari credono poco: in Spagna sono pronti ad introdurla, i club di Premier League hanno detto no”, scrive il giornale. Ai Mondiali la FIFA ha introdotto il VAR.
(Fonte: La Repubblica, 04-05-2018)
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