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La Stampa – Garcia e Mancini, duello tra tecnici sempre in prima linea

Francesco Parrone

Due splendidi cinquantenni al centro dei rispettivi villaggi. Le affinità elettive tra Rudi Garcia e Roberto Mancini non solo solo anagrafiche, ma anche operative: tutti e due nati nel 1964, entrambi totem riconosciuti nelle proprie parrocchie...

Due splendidi cinquantenni al centro dei rispettivi villaggi. Le affinità elettive tra Rudi Garcia e Roberto Mancini non solo solo anagrafiche, ma anche operative: tutti e due nati nel 1964, entrambi totem riconosciuti nelle proprie parrocchie calcistiche di appartenenza. Amano metterci la faccia, fare da parafulmini, stuzzicare la concorrenza, prendersi oneri e onori del comando e piazzarsi costantemente in prima linea. Sono fatti così. E Roma e Inter, protagoniste del posticipo di stasera, se li sono presi proprio per questo. Come dimostra la stretta attualità che continua a certificare l’assoluta centralità dei due allenatori in tutte le manovre giallorosse e nerazzurre. Garcia, per serrare i ranghi di una Roma uscita un po’ turbata dalla campagna di Champions a Mosca, non si è fatto problemi a riproporre al gruppo il concetto del «siamo soli contro tutti», ritornello particolarmente caro a due capostipiti del genere come Mourinho o il Conte juventino. Mancini, accolto dal plebiscito di un popolo interista che non aveva mai sopportato Mazzarri, ha preso volentieri atto di essere l’asso pigliatutto calato da Thohir per il rilancio.

Sindrome d’accerchiamento o processo d’accentramento che sia, Rudi e Roby - con parole, atti e fatti concreti - sono e rimangono imaschi alfa dominanti nei microcosmi di Trigoria e Appiano Gentile. «Basta stupidaggini, mezza squadra che entra in un locale con la tuta del club non ha niente da nascondere», il ruggito di Garcia a protezione della libera uscita moscovita in uno strip club da parte del suo branco, che stasera ritroverà un leader come Maicon (convocato anche ma abbiamo visto tutti come ha ottenuto quei tre punti». A Mancini, invece, basta un semplice «la Roma è più forte, ma siamo l’Inter e ce la giocheremo» per continuare a far breccia nei cuori e nelle orecchie dell’uditorio nerazzurro, ancora felice e contento per la cacciata, neanche fosse stato un untore, di Mazzarri. Niente di nuovo nemmeno nelle cortesie e nei complimenti assortiti volati da una parte all’altra. «Garcia ha fatto un grande lavoro, può vincere lo scudetto», la carezza del Mancio. «Mancini ha conquistato tanti titoli, non solo con l’Inter», l’attestato di stima di Garcia. Un maschio alfa dominante riconosce sempre un suo simile.