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Andare oltre i limiti. Sono 80 anni, da quando vinse nel 1933 il terzo dei 5 scudetti consecutivi, che la Juve non conquista tre campionati di fila. Le occasioni sono state molte e le squadre talvolta anche più forti di quella che oggi si avvia contro la Sampdoria: che Conte sfati il tabù è la scommessa della stagione, impegnativama alla quale si può credere. La Juve è favorita perché ha meno difetti delle altre e possiede la maturità per mascherarli. Vincere insegna a vincere. Chi guarda i bianconeri vede più o meno le facce della prima stagione con Conte e la stessa disposizione in campo: eppure è una squadra diversa nella sicurezza e nella duttilità con cui si adatta alle diverse fasi della partita. E lasciamo stare che quella di due anni fa infiammasse per come riusciva ad aggredire e sottomettere fisicamente gli avversari. Questa è più forte.
La grancassa batte esageratamente sulla bontà del mercato. L’acquisto di Tevez è stato un segnale importante e l’argentino è il vero valore aggiunto: in compenso si è accorciata la coperta a centrocampo e non la si è rattoppata sulle fasce. Ma l’analisi di Conte per cui gli avversari hanno speso più della Juve, perciò hanno colmato il divario, è discutibile: chi se l’è permesso ha incassato tantissimo dalle cessioni, come non riescemai ai bianconeri, dunque ha rinunciatoa giocatori importanti. Può darsi che il Napoli sia più forte con gli uomini comprati grazie ai 63 milioni di Cavani peròha gettato la certezza di un uomo da 25 gol a campionato. Pare poco? E la Fiorentina ha perso Jovetic: alla qualità che ha aggiunto con Gomez e compagnia bisogna sottrarre quanto dava il talento montenegrino che la Juve ha inseguito.
Conte, e molto è merito suo, ha il gruppo più forte, equilibrato, solido e, a differenza dei colleghi, non deve cambiare nulla. Le trappole sono negli infortuni, nel rendimento degli uomini chiave come Pirlo e nella Champions League. Anche se l’anno scorso il mese critico fu gennaio, a Coppa ferma, mentre lo slancio arrivò in coincidenza con gli impegni europei. Certo, nel triplicare lo scudetto, impresa riuscita solo al Grande Torino, al Milan di Capello e all’Inter nel dopoguerra, influisce la qualità della concorrenza. Per esempio sui 4 campionati vinti dai nerazzurri con Mancini e Mourinho incise lo stordimento delle rivali dopo Calciopoli: la Juve, ma anche il Milan.
Oggi i bianconeri possono approfittare della parsimonia dell’Inter, che ha investito soltanto sull’allenatore (povero Mazzarri, mai che trovi una tavola apparecchiata) e anche del Milan che però ha la struttura collaudata per giocarsi almeno il secondo posto. Ci piace il Napoli di Benitez, un professionista concreto e di buon senso: farà un bel calcio. E nel mazzo delle «scudettabili» mettiamo la Fiorentina, più intrigante in attacco con Mario Gomez e Rossi: a differenza dei partenopei i viola non devono rivoluzionare il modulo, ma come loro faranno i conti con una piazza umoralmente instabile, troppo esaltata o depressa, il che non aiuta a reggere per nove mesi. Napoli, Fiorentina, Milan e pure l’insondabile, talentuosa Roma ancora appesa a Totti (ma quest’anno non avrà il dazio di Zeman) hanno in comune una carenza rispetto alla Juve: peccano di qualità in difesa, qualcuna fin dal portiere.
E per quanto si cerchi di cambiare il gioco, lo scudetto va a chi prende meno gol. Dietro a queste, il campionato si romperà in tronconi. Ci sarà equilibrio in quello centrale, in cui vediamo il Toro e meno dell’anno scorso il Cagliari e il Catania, l’una senza fissa dimora, l’altra impoverita dalle cessioni. Per la retrocessione invece le neopromossesembrano invischiate, benché piaccia il Sassuolo. Salvo sorprese hanno in tasca il biglietto di ritorno in B.
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