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Quel che resta del passato è una crostata alle pere che Filippo Inzaghi ieri si è fatto portare a Milanello per adottare vecchi riti che funzionavano quando era giocatore. Roberto Mancini, invece, ha messo da parte storia e scaramanzia, perché ha imparato che nel derby non c’è ricetta che tenga. Milan e Inter oltre ad avere a libro paga 4 allenatori, non dettano più legge in campionato, non hanno mostri in campo che possono fare la differenza e sono costrette a parlare la lingua della progettualità, ovvero, lavoriamo per tornare grandi. Ma in comune hanno soprattutto due tecnici che rievocano ricordi gloriosi al punto che sono diventati quasi una sorta di cambiale per i tifosi più scettici. L’Inter, dopo la cacciata di Walter Mazzarri, punta sull’effetto Mancini, il Milan spera di risollevarsi dopo un periodo non esaltante. Paradossalmente i nerazzurri, freschi d’esonero, sembrano più in palla dei cugini, almeno così recitano i numeri: il tanto vituperato Mazzarri nelle ultime quattro partite aveva infatti racimolato 7 punti, 4 più del confermatissimo Inzaghi.
L’arrivo di un nuovo timoniere ha costretto Superpippo ha rivedere le sue idee tattiche e giusto per aumentare le complicazioni l’infermeria ha rapito Alex all’ultimo momento e come si immaginava anche Abate e De Jong. Dall’altra parte, invece, ci sono stati più rientri che infortuni, al punto che il Mancio ha potuto tranquillamente cambiare sistema di gioco (difesa a quattro con Kovacic molto probabilmente dietro alle punte) puntando sull’aspetto psicologico. Lo spogliatoio nerazzurro dopo quattro sedute molto intense è tornato a pensare positivo, a differenza di certe vigilie in cui ci si raccomandava di prestare un attenzione maniacale agli Zaza e ai Berardi di turno. Mancini a dire il vero nel discorso alla squadra ha modificato dialettica e vocabolario, cercando cioè di far leva sull’autostima di ogni singolo giocatore e parlando addirittura di scudetto. Per uscire dalla depressione l’antidoto migliore è volare alti: «Io non sono abituato a lottare solo per il terzo posto, questo mi demoralizza» ha infatti raccontato l’allenatore con un sorrisetto che vale più di mille parole. In certi casi la presunzione è un’arma eccellente. Anche Inzaghi ha usato un linguaggio ambizioso, parlando però al plurale: «Sarà dura essere meglio di noi». E, quasi a prendere le distanze da tutti i discorsi che sono stati fatti su ciò che è successo in panchina aggiunge: «Le stelle stanno in campo, sono loro i protagonisti. Si è parlato di una mia smorfia quando ho saputo dell’esonero di Mazzarri, ma non è vero. Quando un allenatore viene licenziato è una sconfitta per tutti» ha tenuto a precisare l’ex bomber milanista che potrà riportare almeno in panchina capitan Montolivo.
Erick Thohir da una parte, Silvio Berlusconi e sua figlia Barbara dall’altra. Sarà anche il derby dell’alleanza, quella che si è creata fuori dal campo tra le due società che per tutta la settimana hanno interagito a colpi di twitter e di iniziative congiunte e che adesso non escludono la possibilità di fondere le due squadre per racimolare denaro in un’amichevole esportata in Europa. Stasera però in campo saranno talmente rivali che la pretattica del Milan (bocche cucite sulla formazione) ha assunto contorni da finale di Champions League. Pagherà?
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