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La Stampa – Mazzarri raggiunge Simoni e Mourinho. Ma con questo gioco…

Più che una partita di calcio, Inter–Livorno è la festa per l’addio di Massimo Moratti dopo 18 anni e per il ritorno in campo di Javier Zanetti. La serata è climaticamente gradevole, l’avversario remissivo, il clima gioioso: ogni cosa...

Francesco Parrone

Più che una partita di calcio, Inter-Livorno è la festa per l’addio di Massimo Moratti dopo 18 anni e per il ritorno in campo di Javier Zanetti. La serata è climaticamente gradevole, l’avversario remissivo, il clima gioioso: ogni cosa è apparecchiata a dovere. Gli ultrà dell’Inter srotolano uno striscione che non entrerebbe neanche in twitter tanto è prolisso: è un messaggio d’amore al patron, che venerdì passerà ufficialmente la proprietà dell’Inter a Erick Thohir. Il party alla fine riesce bene, con un’ovazione per Moratti e una per il capitano, con i due gol che consentono all’Inter di Mazzarri di raggiungere quella di Simoni del 1997-1998 e quella del Triplete (29 reti nelle prime dodici partite).

Per la prima mezz’ora, però, l’incontro è di una noia mortale. Il Livorno fa la propria parte: aspetta in buon ordine senza mai dare la sensazione di disturbare. Il tecnico Nicola aveva giurato alla vigilia di non essere salito a San Siro per fare del turismo, ma tra un’iniziativa e l’altra dell’Inter ce ne sarebbe pure il tempo. Servirebbe un gol per riscaldare l’ambiente, ma non è che si può chiedere anche questo al Livorno. O forse sì: in assenza di qualcosa che assomigli a un tiro in porta, per sbloccare l’incontro occorre un episodio. Alla mezz’ora esatta ci pensa Bardi, portiere di buon talento di proprietà dell’Inter, finito in prestito in Toscana: su cross basso di Jonathan, il numero 1 del Livorno respinge ma dentro la propria porta invece che in qualunque altra direzione. Sull’1-0 l’Inter ha l’occasione di onorare la serata in maniera divertente e per qualche minuto sembra riuscirci.

Alvarez dà a Bardi l’occasione di riscattarsi con bel tiro da fuori area. E’ soltanto una fiammata. La partita prosegue nella ripresa sulla stessa falsariga: una squadra che aspetta e l’altra che si fa aspettare. Palacio e Cambiasso sprecano un raddoppio che metterebbe al sicuro il risultato e consentirebbe a Mazzarri di mandare prima in campo Zanetti. Il tecnico deve aspettare invece gli ultimi minuti, perché il risultato è tutt’altro che scontato e al capitano non si può chiedere di essere in forma sei mesi dopo la rottura del tendine di Achille. Ma alla fine arriva il momento tanto atteso. Sono solo otto minuti, ma l’effetto psicologico è straordinario: Zanetti ci mette l’anima, l’Inter si butta in avanti e al 45’ azzecca il raddoppio con Nagatomo.

Adesso sì che la festa è riuscita. «E’ stata una grande emozione - si confessa il giocatore argentino al novantesimo, con il fiato corto -. Tornare così presto a 40 anni di età e dopo un grave infortunio non era facile. Il mio desiderio era rientrare almeno per una partita. Di più non posso chiedere». In attesa dei risultati della domenica, l’Inter sale così a tre punti da Juventus e Napoli e a meno sei dalla capolista Roma. E’ presto per pensare allo scudetto (e il gioco della squadra al momento non autorizza grandi progetti), ma per Zanetti tutti gli obiettivi sono possibili: «Con questo spirito si può andare lontano». E se lo dice lui, che il 28 aprile si era rotto e oggi corre di nuovo come un ragazzino, c’è da crederci.